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Rapimento di Giacomo Matteotti


Il rapimento del Segretario del Partito Socialista Unitario Giacomo Matteotti avvenne il 10 giugno 1924 a Roma.
Il giorno precedente la portiera dell'edificio al n. 12, il Villino Clotilde, di Via Stanislao Mancini notò, la notte, una macchina scura con i fanali spenti, che andava su e giù per un breve tratto della strada, la donna riferì l'episodio al marito che ricopiò la targa 55.12169. Era la squadra di Dumini che faceva i sopralluoghi per il rapimento del deputato. La Lancia era stata noleggiata a nome di Filippo Filippelli, direttore del quotidiano Corriere Italiano, presso il Garage Trevi.
Il 10 giugno era martedì, a Roma faceva molto caldo, le strade erano deserte. Matteotti abitava all'odierno civico 40 di Via Pisanelli, in una delle due palazzine Venturini progettate da Ghino Venturi, con la moglie Velia e i tre figli, al quarto piano, vi si era trasferito dal gennaio del 1923. 

Il portone dell'abitazione di Matteotti

Alle 16.20 di quel pomeriggio Matteotti uscì di casa per andare alla Camera dei Deputati, era vestito con un abito grigio e scarpe bianche, non portava il cappello, teneva sotto braccio una busta con l'intestazione Camera dei Deputati. Dopo aver salutato il giovane carabiniere che piantonava l'ingresso del palazzo, dal 1 giugno, quando le minacce contro di lui erano aumentate, si era diretto lungo Via Mancini. 

Sopralluogo degli uomini della questura sul luogo del rapimento

Giunto all'angolo con il Lungotevere Arnaldo da Brescia, si diresse verso Sud sul Lungotevere per raggiungere la fermata del tram numero 15, che da Piazza del Popolo conduceva a Montecitorio, da alcuni giorni trascorreva i pomeriggi nella Sala di lettura della Camera per preparare un intervento sul bilancio. 

Il punto in cui venne rapito Matteotti, di fronte alla Villa Almagià

All'altezza dell'incrocio con Via degli Scialoja, davanti alla Villa Almagià lo aspettavano i tre rapitori, usciti dalla Lancia Lambda nera guidata da Augusto Malacria. I tre fecero cenno a Matteotti di venire con loro e si gettarono sul politico, questi anche se circondato fece un salto indietro, gli furono addosso e lo colpirono al basso ventre, la strada era deserta, c'erano solo due ragazzini che giocavano, Renato Barzotto e Amilcare Mascagna, questi così descrissero la scena: "Gli saltarono addosso, quello si divincolò buttandone a terra uno, ma un altro vestito di grigio gli dette un pugno in faccia facendolo cadere". 

La Lancia Lambda utilizzata per il sequestro di Matteotti

I rapitori trascinarono di peso l'aggredito verso la macchina, lui si dibatteva e urlava aiuto, sollevandolo per le braccia e le gambe lo caricarono di forza sulla Lancia, il deputato oppose una strenua resistenza.


L'auto partì a tutta velocità verso Lungotevere Flaminio, per attenuare le urla di Matteotti Malacria suonava continuamente il clacson. Matteotti riuscì a rompere il lunotto posteriore con un calcio e a gettare la propria tessera di deputato dal finestrino, all'altezza di Ponte Milvio. Il poveretto si dimenava tirando calci e pugni ai suoi aggressori, forse Viola o Volpi, seduto nel sedile posteriore, sfoderò il pugnale e gli inflisse vari colpi al torace.
A questo punto la macchina si diresse sulla Via Flaminia, poi fu vista verso il Lago di Vico, dove si persero le sue tracce. 
I sequestratori vagarono alquanto finché non trovarono un posto dove seppellire il corpo nel bosco di Quartarella, non avendo gli attrezzi adatti per scavare prepararono con un cric in dotazione alla Lancia una fossa poco profonda e ci misero il cadavere.

Il luogo del rapimento al giorno d'oggi, al posto del marciapiede c'è un'aiuola, al posto di Villa Almagià un grande palazzo degli anni Sessanta

I rapitori erano membri della polizia politica: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo.

Mascagna, Barzotto e Pucci

I testimoni furono i due bambini Renato Barzotto, Amilcare Mascagna e lo spazzino Giovanni Pucci.
L'avvocato Cavanna, che abitava nel Villino Morpurgo, sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, alle 16.30 disse di aver sentito un clacson e delle urla, si affacciò dal suo salotto e vide un'automobile con quattro persone afferrare una persona e che poi veniva caricata nella macchina e portata via.

Foto presa dall'abitazione dell'avvocato Cavanna

Altro testimone era l'avvocato Gualdi, che era sul Tevere accompagnando degli amici che facevano il bagno, risalito sul Lungotevere  attirato dalle grida di Matteotti, avrebbe visto assieme ai suoi tre amici la stessa scena.

Sopralluogo i giorni successivi sul luogo del rapimento

La moglie di Matteotti si preoccupò nel non veder rientrare il marito a casa la sera, si rivolse subito ai compagni di partito, che confermarono di averlo visto in mattinata.
Il giorno successivo i sospetti di una scomparsa aumentarono di ora in ora e alle 20.30 dell'11 giugno il Deputato Socialista Giuseppe Modigliani denunciò la sparizione di Matteotti al Questore Bertini.


Sul luogo del rapimento comparve, anche se dall'altro lato, sul muraglione del Lungotevere, una croce, attorno alla quale iniziarono ad essere deposte corone di fiori.


Cominciarono poi a raccogliersi spontaneamente le persone, che facevano dei veri e propri pellegrinaggi popolari sul luogo del rapimento, all'inizio alle forze di polizia fu ordinato di rimuovere tutto ciò che era stato deposto sul Lungotevere, ma vista la quantità di fiori che veniva ogni giorno lasciata, alla fine si limitarono a sorvegliare la zona.

Pellegrinaggio popolare davanti a Villa Almagià, in fondo si vede la palazzina Venturini in cui abitava Matteotti

Dopo la Seconda Guerra Mondiale è stato realizzato un monumento commemorativo sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, inaugurato nel 1974 per il Cinquantenario della morte.

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