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Cultura Goth a Roma

 
Gothic a Roma
Ragazza Goth a Roma, immagine realizzata dall'intelligenza artificiale con Unstability

Con cultura Goth si intende una sottocultura, o meglio un insieme di sottoculture che abbraccia vari settori dalla musica all'abbigliamento, il cui nome rappresenta un'abbreviazione di Gothic, in italiano "gotico". Per quanto gli elementi comuni delle varie sottoculture goth siano in generale il colore nero, i toni oscuri specialmente nell'abbigliamento e nel trucco, vi sono numerosissime sfumature, sia nella musica, che può variare dal punk al rock al metal, che nell'abbigliamento, che può basarsi su svariati modelli anche diversi tra loro.
Tale sottocultura può trovare già alcuni elementi alla fine degli anni '60, ma è con la fine dei '70 che nasce effettivamente e inizia a radicarsi negli anni '80.
A Roma la cultura Goth rappresenta una nicchia, difficile da quantificare ma che negli anni ha espresso ed esprime tuttora diversi negozi e locali.
Anche nella Capitale, come nel resto d'Europa, questa sottocultura iniziò a diffondersi intorno al 1980, come ha raccontato Dino Ignani, fotografo che ha immortalato molti dark romani, in un'intervista a Vice. Ignani ha raccontato che proprio all'inizio degli anni '80 iniziò a vedere comparire degli aderenti a questa sottocultura, tutti di età intorno ai 20 anni, presso l'enoteca Fidelio di Trastevere, situata in Via della Scala e oggi non più esistente. Negli anni del boom delle discoteche, i giovani goth romani iniziarono a frequentare i principali locali della Capitale, come l'Olimpo di Piazza Rondanini, il Supersonic di Prati, il Piper e il Uonna. Quelli più vicini alla comunità omosessuale frequentavano l'Angelo Azzurro, in Via Cardinale Merry del Val: nello stesso posto, anni dopo, avrebbe aperto i battenti il Transilvania, altro locale a tema dark. Un altro punto di riferimento fu il BlackOut, prima nella sua sede storica di Via Saturnia e poi in quella di Via Casilina: un locale divenuto presto simbolo della Roma underground. Con il tempo sempre più locali iniziarono a organizzare serate dedicate al mondo Goth, dal Velvet Club al Jailbreak. Negli anni sono poi emersi molti locali a tema non per forza strettamente dark, ma molto apprezzati da questa sottocultura, come l'Avalon Pub, a tema medievale, ancora oggi esistente, o il Medioevo Pub.
Sono inoltre nati numerosi negozi di abbigliamento e oggettistica goth e dark: attualmente sono ancora attivi il Bacillario in Via Laurina e il Transylvania, mentre hanno chiuso i battenti l'Hydra II a Monti e il CheStrano, erede di "Lo Zoppo" in Via Giolitti. Non è più attivo nemmeno Coemeterium, negozio di dischi che si trovava in Via dell'Arco dei Ginnasi.


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Via degli Anamari

Via degli Anamari è una strada della zona del Quartiere Tiburtino meglio nota come San Lorenzo, compresa tra Via di Porta Labicana e Via dei Bruzi. Si tratta di una delle strade più recenti della zona, ed è infatti stata istituita solamente nel 1965, nell'area limitrofa al Borghetto di Via dei Lucani, una porzione del quartiere più complessa e disordinata dal punto di vista urbanistico (disordine acuito dagli effetti del bombardamento di San Lorenzo del 1943).
La strada, in linea con la toponomastica del quartiere, è stata dedicata a un antico popolo italico, in questo caso gli Anamari, popolo di origine gallica noto anche con il nome di Marici che abitava la Pianura Padana all'altezza di Pavia.
La strada si trova nella Zona Urbanistica San Lorenzo. Il suo CAP è 00185.


Mo'ed di Piombo

 
Rione Sant'Angelo vecchi confini Ghetto
Il Ghetto come si presentava all'epoca del Mo'ed di Piombo

Con Mo'ed di Piombo (scritto talvolta Moed di Piombo) si intende un episodio storico avvenuto nel gennaio del 1793, accolto come un miracolo dalla Comunità Ebraica di Roma, ovvero un forte acquazzone (il "piombo" nel nome dell'episodio è un riferimento al cielo plumbeo) che spense un incendio appiccato dalla folla inferocita al Ghetto Ebraico di Roma. Ma andiamo a vedere con più attenzione i fatti.
Il 1793 fu un anno nel pieno di importanti mutamenti per l'Europa e per l'Italia: quattro anni prima aveva avuto luogo la Rivoluzione Francese, e il 21 Gennaio sarebbero stati ghigliottinati il Re Luigi XVI e la moglie Maria Antonietta. Le guerre rivoluzionarie si sarebbero espanse di lì a poco in tutta Europa e avrebbero portato alla successiva ascesa di Napoleone Bonaparte.
L'episodio da cui si scatenarono i fatti fu l'uccisione da parte di una folla di romani dell'ambasciatore francese Hugo di Basseville, uscito con la coccarda dei colori del suo Paese e ritenuto il rappresentante della politica anticlericale francese, avvenuta il 13 Gennaio 1793. In seguito a questo episodio, si sparse la falsa notizia, dai connotati antisemiti, che nel Ghetto Ebraico aveva sede un deposito di coccarde col tricolore francese e vi fosse un covo di rivoluzionari.
Il 14 Gennaio, un gruppo di abitanti dei Rioni Monti, Regola e Trastevere si mossero verso il Ghetto con l'occorrente per appiccarvi un incendio, ma due frati che incontrarono lungo la strada parlarono alla folla inferocita, convincendola a desistere. Provvisoriamente. Poco dopo, infatti, la folla si recò nuovamente nella zona del Ghetto, sequestrando Salomone Di Segni, al quale viene detto di convertirsi al Cristianesimo se non avesse voluto morire. L'uomo fu tenuto sotto la loro custodia per 40 giorni, senza convertirsi né essere ucciso. Più tardi, un nuovo assalto al Ghetto da parte degli stessi facinorosi viene respinto dalle Guardie Pontifice. Alle 23, una forte pioggia fece desistere una volta per tutta la folla di facinorosi.
Negli otto giorni successivi, le Guardie Pontifice presidiarono il Ghetto per evitare nuovi incidenti. Se da un lato questo previene l'aggressione da parte di facinorosi, dall'alto confina gli Ebrei Romani nel Ghetto anche nelle ore diurne, impedendo loro di svolgere piccoli lavori fuori da esso, e il loro sostentamento fu aiutato dal contributo delle Università Israelitiche.
Nel periodo successivo, tornata la tranquillità, gli Ebrei di Roma si interrogarono sull'accaduto, chiedendosi se poteva vedersi la mano di Dio dietro la pioggia che li salvò dall'aggressone. Col tempo, dunque, gli Ebrei Romani iniziarono a ricordare l'episodio con apposite celebrazioni, una tradizione che tuttavia nel tempo è passata sempre più in secondo piano. Una tradizione che tuttavia negli ultimi anni ha però in parte recuperato, soprattutto intorno alla comunit Ebraica di Monteverde e del Tempio Beth Michael.
Il Mo'ed di Piombo è visto da molti come una solta di "Purim Romano", con riferimento alla festa Ebraica di Purim in cui Ester, moglie del Re di Persia Assuero, e suo fratello Mordecai, persuasero il sovrano a fermare il decreto che il suo consigliere Aman sta per mettere in atto con cui avrebbe ordinato l'uccisione di tutti gli Ebrei del Regno. A tale festa fa riferimento ad esempio anche il Purim Ashrif, con cui gli Ebrei Tripolini (comunità poi in gran parte trasferitasi proprio a Roma) ricordano come nel 1705 si salvarono dall'assedio del tunisino Ibrahim Ashrif che dovette ritirarsi dopo aver subito un attacco a sorpresa e dopo un'epidemia causata dall'alto numero di morti subiti.


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Palazzina Pandolfi


La Palazzina Pandolfi è situata in Piazza dell'Esquilino n. 2, nel Rione Castro Pretorio, è sede dell'Ambasciata d'Argentina in Italia.
L'edificio venne costruito nella I zona di espansione del Quartiere dell'Esquilino, ricadeva nel lotto VI, sui terreni dell'ex Villa Massimo Montalto, ad angolo con Via Torino.
Il 2 agosto 1873 fu presentato il progetto di una palazzina realizzato dal Conte Beniamino Pandolfi Guttaduro, Colonnello in congedo dell'esercito, i lavori terminarono nel 1874.
L'edificio si sviluppava su quattro piani con il fronte principale lungo Piazza dell'Esquilino.

La Palazzina in Piazza dell'Esquilino nel 1876

Il piano nobile venne abitato dalla famiglia Pandolfi mentre quelli successivi furono affittati. È qui che dal 1880 si spostò la Legazione diplomatica dell'Argentina, guidata dal diplomatico Don Diego de Alvear.


Nel 1890 venne ratificato l'acquisto dell'intera palazzina da parte del Governo di Buenos Aires, nei confronti del Pandolfi, grazie all'Ambasciatore Del Viso.


L'edificio è in stile rinascimentale, con sei  finestre ad arco a tutto sesto per ogni piano. Quelle del pianterreno sono dotate di balaustra e piattabande, al piano nobile sono architravate; sopra al portone d'ingresso è presente una grande balconata con balaustra.


Nel 1933 l'Ambasciatore Fernando Perez fece collocare due busti degli statisti Manuel Belgrano e Bartolomé Mitre davanti all'ingresso dell'Ambasciata.
All'interno sono presenti ambienti di rappresentanza, alcuni dei quali risalgono al soggiorno della moglie del presidente Evita Peron nel 1947, ad opera del decoratore Antonio Rosa.
Il 19 settembre 1951 l'edificio è stato vincolato dal Ministero dei Beni Culturali.






Cappella di Nostra Signora di Fatima nella Basilica di Sant'Eugenio


La Cappella di Nostra Signora di Fatima è situata nel transetto sinistro della Basilica di Sant'Eugenio, nel Quartiere Pinciano.
L'altare è stato donato dal Portogallo, in onore della Madonna di Fatima, cui Pio XII era fortemente legato, infatti il giorno della prima apparizione ai tre pastorelli, il 13 maggio 1917,  Pio XII veniva consacrato Vescovo da Benedetto XV.
Il progetto è stato realizzato dall'architetto portoghese Luis Benevente, incaricato dal Ministero del Lavori Pubblici Portoghese. L'altare è occupato al centro dalla statua della Madonna di Fatima, realizzata in marmo di Carrara dallo scultore Leopoldo de Almeida.


La Vergine, con le mani giunte e il rosario, è ritratta mentre appare sull'elce della Cova di Iria ai tre pastorelli, è circondata da un grande affresco del pittore Martins Barata, realizzato nel 1951.


Nell'affresco sono rappresentati al centro i tre pastorelli di Fatima, in alto quattro Santi Portoghesi: Sant'Antonio, San Nuno Alvares Pereira, la Regina Elisabetta e San Giovanni di Dio, seguono due angeli e il popolo Portoghese in venerazione della Madonna.


Nel paliotto dell'altare è presente un'annunciazione in maioliche realizzate da Jorge Barradas, di Lisbona nel 1950.





10 anni di Rerum Romanarum

Rerum Romanarum compie 10 anni
Immagine generata dall'intelligenza artificiale con Unstability


Oggi, 17 Gennaio 2024, sono esattamente 10 anni che questo sito è online. Grazie a tutte le persone che ci hanno seguito fino a questo momento, stimolandoci ad avere la costanza di andare avanti e provare a fare sempre meglio. Nel nostro piccolo abbiamo provato fino ad oggi a raccontare la nostra città, Roma, attraverso gli aspetti più disparati, anche quelli che agli occhi di molti possono sembrare marginali.
Probabilmente dieci anni fa nessuno di noi si è posto il problema di dove questo sito sarebbe potuto arrivare, ripensandoci essere qui dieci anni dopo e continuare ad aggiungere contenuti con la volontà di andare ancora avanti era tutt'altro che scontato. Ancora meno che ci fosse un pubblico che negli anni è cresciuto sempre di più. Un sincero grazie a tutti voi, nel nostro piccolo proveremo a continuare a fare sempre meglio.

Quartiere Esquilino I Zona



La I zona del Quartiere Esquilino è la prima area delle tre in cui fu divisa l'edificazione del Quartiere Esquilino, ed è stata lottizzata dall'Impresa dell'Esquilino, oggi è compresa nei Rioni Castro Pretorio ed Esquilino, il cui confine è costituito da Via Vincenzo Gioberti
I terreni su cui doveva svilupparsi erano occupati prevalentemente da Villa Peretti Montalto, di proprietà del Principe Massimo e una piccola porzione della Vigna dei Gesuiti di Sant'Eusebio. 

Villa Peretti Massimo nel 1866, divisa in due dalla Nuova Strada Pia e occupata in parte dalla Stazione Termini

Parte della Villa Massimo era già stata espropriata sotto il Pontificato di Pio IX, nel 1860, per la costruzione della Stazione Termini, inoltre era stato realizzato il Viale di Sant'Antonio, definito anche Nuova Strada Pia, che da Piazza di Santa Maria Maggiore conduceva alla stazione, nonostante le proteste del Principe Camillo Massimo che vedeva la sua villa ridotta molto nelle dimensioni e tagliata in due dalla nuova strada.
Vedendo i terreni al di là della strada ormai compromessi il Principe li vendette alla Compagnia Fondiaria Italiana, nel febbraio del 1871, istituto che stava acquistato altri appezzamenti dentro le mura, in vista dell'espansione della città.

Particolare del progetto del Quartiere Esquilino di Pietro Camporese, 1871

Il piano particolareggiato per il nuovo Quartiere Esquilino venne realizzato da Pietro Camporese, Antonio Cipolla e Alessandro Viviani nel 1871. Esso prevedeva la creazione di un tridente che, partendo dal piazzale della stazione, conduceva, con il braccio sinistro a Piazza del Viminale, con quello centrale a Piazza dell'Esquilino, l'attuale Via Cavour, con il destro a Piazza di Santa Maria Maggiore, tale asse era completamente incardinato su Villa Massimo, che veniva completamente lottizzata, anche il prolungamento di Via Torino attraversava la villa. Vennero esclusi dall'esproprio il Casino Felice, nell'isolato posto tra Via Cavour e Via Torino e il Palazzetto di Termini con un piccolo tratto di parco adiacente.
A partire dalla Chiesa di Sant'Antonio le strade avevano un decorso a scacchiera, con una piazza situata vicino alla linea ferroviaria, l'attuale Piazza Manfredo Fanti. 
Il 5 novembre 1871 l'Amministrazione Comunale inviò la notifica di esproprio per pubblica utilità ai proprietari delle aree interessate dalla lottizzazione. 
Dodici ricorsi vennero presentati, per chiedere le modifiche al piano particolareggiato, tra cui quello del Principe Massimo, che fece redarre dall'architetto Francesco Fontana un progetto alternativo di lottizzazione della villa, in cui erano presenti dei viali circolari, posti attorno al Casino Felice. Nel ricorso si chiedeva l'abolizione del tridente, del prolungamento di Via Torino, la conservazione della Coffee House all'angolo tra Via Strozzi e Via delle Quattro Fontane, affrescata dello Zuccari, e la conservazione di parte del fabbricato sul piazzale di Termini. Il ricorso venne respinto, secondo l'ufficio tecnico del Comune la Coffee House "è cosa talmente deperita e di così meschine dimensioni da non ammettere che per conservarla si abbia deviare la strada che viene dalla Stazione".
Il 25 febbraio del 1872 il Comune approvò il piano regolatore del nuovo Quartiere Esquilino permettendo l'esproprio di tutti i terreni interessati. 
Per facilitare l'edificazione della vasta area essa fu suddivisa in tre zone di espansione.


La I zona, divisa in ventiquattro lotti, venne affidata in convenzione alla Compagnia Commerciale Italiana e alla Banca Italiana di Costruzioni, due società Genovesi, nel marzo del 1872; nell'accordo venne concesso alle due società di espropriare tutti i terreni e fabbricati, con l'obbligo di edificare a loro spese i palazzi, le strade e le piazze sarebbero state realizzate dal Comune tramite apposite gare d'appalto, il quartiere doveva essere terminato in quattro anni col diritto da parte del Comune di vendita all'asta delle aree non ancora edificate al termine del quarto anno.


Il 6 luglio 1872 la Compagnia Commerciale Italiana, la Banca Italiana di Costruzioni e la compagnia Fondiaria Italiana si fusero dando origine all'Impresa dell'Esquilino.
Dopo essere stata costituita l'Impresa propose al Comune l'eliminazione del tridente, che non era economicamente conveniente, infatti le due vie oblique comportavano la costruzione di edifici con angoli acuti e ottusi, che erano più costosi da realizzare, la Giunta Comunale, piegandosi alle richieste dell'Impresa, nel 12 giugno 1872, decise di approvare una variante elaborata dall'ingegnere Alessandro Viviani, che eliminava le due strade laterali del tridente,  permettendo una lottizzazione a scacchiera di Villa Massimo, l'unica via che rimaneva del tridente era l'attuale Via Cavour, inoltre la piazza della Stazione, veniva ridimensionata di due isolati, sviluppandosi su un'area molto più modesta.
Il 19 ottobre 1872 furono presentati i primi progetti per quattordici edifici ed iniziarono subito i lavori di fondazione. Gli isolati interessati erano il III, a sinistra di Via Cavour, con due edifici a schiera, il IX su Via Cavour, l'odierno Hotel d'Azeglio, il VII su Piazza dell'Esquilino, con quattro palazzi dell'architetto Diaz, e il XI XII lungo Via Gioberti, con due edifici.

Pianta della lottizzazione del gennaio 1874, in rosa i primi edifici costruiti nel 1872-1873

I cantieri per la realizzazione delle strade cominciarono nel 1873, vennero costruite per prime Via Gioberti, Principe Umberto e Principe Amedeo, nel tratto da Via Strozzi a Via Gioberti, e al centro del reticolo Via Cavour.

I primi edifici di Via Gioberti nel 1873 visti da Piazza Manfredo Fanti

Nel 1873 l'Impresa iniziò anche la costruzione di altri ventisei edifici, nei lotti XVI, XVIII, VIII, VI e IV. I progetti erano stati in parte affidati a giovani architetti che sarebbero stati protagonisti della Roma Umbertina: Giulio Podesti, Pio Piacentini e Gaetano Koch.
Nell'agosto del 1873 fu approvato il progetto della Palazzina Pandolfi, nell'isolato VI.
Le difficoltà di vendita dei lotti comportò una certa lentezza dei cantieri e il Municipio dovette diffidare l’Impresa nell'ottobre del 1873.

La I zona dell'Esquilino nel 1876

Il 19 luglio 1875 il Sindaco Pietro Venturi stipulò una nuova Convenzione con l'Impresa dell'Esquilino, con la posticipazione dell'edificazione di vari isolati al 1881 e il termine ultimo per la fine dei lavori al 1890. 
L'11 luglio 1876 venne anche approvata la sistemazione del piazzale della stazione, isolati I e IX, con l'approvazione di due edifici gemelli monumentali, dotati di portici rivestiti in granito, uno dei quali avrebbe ospitato il Grand Hotel Continental.

Il primo tratto di Via Cavour con gli edifici realizzati dall'Impresa dell'Esquilino, a destra i palazzi dell'isolato VII, al centro il Casino Felice, dietro al quale si affacciano gli isolati III e II, lungo Via Principe Amedeo, a sinistre Via Torino,1880

Nel 1878 l'impresa aveva costruito 53 edifici, gli ultimi progetti furono presentati tra 1879 e 1881, ed erano in parte relativi all'area di Piazza Manfredo Fanti.
Il 1885 la società entrò in crisi finanziaria e l'anno successivo ottenne un muto consistente dalla Banca Nazionale del Regno d'Italia, per poter terminare i lavori. Alla fine del 1887 in piena crisi edilizia, la società venne ricapitalizzata come Consorzio per l'Impresa dell'Esquilino, il 30 marzo del 1890 scattò la liquidazione forzata con il passaggio degli immobili alla Banca d'Italia, poi confluiti nell'Istituto Romano di Beni Stabili, nel 1904.
Nonostante il fallimento della società la I zona del Quartiere Esquilino era stata completata rispettando i tempi di costruzione previsti nella convenzione con il Comune di Roma.









Degrado

Il Degrado era un locale notturno di Roma che si trovava in Via Ignazio Danti 20, nel Quartiere Prenestino-Labicano, alle porte del Pigneto. Aperto nel 1999, rimase attivo fino al 2007. Locale principalmente orientato a un pubblico gay e trans, la sua storia è in parte raccontata nel documentario di Roberto D'Agostino e Marco Giusti Roma Santa e dannata.

Roberto D'Agostino film locale Degrado
Roberto D'Agostino e Marco Giusti in una scena del film Roma Santa e dannata in cui, tra le latre cose, raccontano il locale Degrado

Altri siti che ne parlano:

Quartiere Esquilino

Il Quartiere Esquilino nel 1876


Dopo la Breccia di Porta Pia e la proclamazione di Roma a Capitale d'Italia sorse presto per il Municipio il problema della realizzazione di nuove abitazioni per la popolazione della città, che sarebbe stata in continua crescita negli anni a venire. 
La Giunta Comunale del Sindaco Filippo Doria Pamphilj il 6 marzo 1871 affrontò l'argomento con una relazione che prevedeva "la costruzione di un solo quartiere abitabile cui vada affidata buona parte dei terreni rustici dentro le mura". Si trattava dunque di lasciare la città barocca così com'era ed espandere la nuova Roma, la Terza Roma, sui colli, seguendo il processo già iniziato sotto il Pontificato di Pio IX, con la costruzione della nuova Stazione Termini sul colle Esquilino, e la limitrofa lottizzazione de Mérode, espansione appoggiata anche dal Ministro Quintino Sella, che volle la costruzione del Ministero delle Finanze lungo Via XX Settembre, la strada lungo la quale si affacciava il Quirinale.
La zona prescelta fu identificata quindi nel colle Esquilino, compresa oggi nei Rioni Castro Pretorio ed Esquilino, all'epoca completamente occupato da vigne e ville, nella proposta venne incluso anche il terreno di lottizzazione di Monsignor de Mérode.
A realizzare il piano particolareggiato per il nuovo Quartiere dell'Esquilino furono gli architetti Pietro Camporese, Antonio Cipolla e l' ingegnere Alessandro Viviani.

Progetto del Quartiere Esquilino di Pietro Camporese, 1871

Il Camporese previde un'espansione della città ispirata all'urbanistica barocca, con la presenza di due tridenti. Il primo originava dal piazzale dalla Stazione Termini, con tre assi: uno portava verso Santa Maria Maggiore, l'altro verso il centro della città, l'attuale Via Cavour,  il terzo diretto verso la Via Strozzi e il Viminale. 
Sull'Esquilino si ricalcavano le strade realizzate da Sisto V: Via Merulana e Via Felice, odierna Via di Santa Croce in Gerusalemme; veniva creato un secondo tridente che originava da Piazza Vittorio Emanuele II, al centro vi era Via di Santa Croce in Gerusalemme e ai lati le nuove Vie Emanuele Filiberto e di Porta Maggiore.
Nel mezzo del quartiere sarebbe sorta un' enorme piazza pubblica, la più grande di Roma, dedicata al Re Vittorio Emanuele II.
Il 14 settembre 1871 il Consiglio Comunale approvò la proposta di giunta per il nuovo quartiere da costruirsi sull'Esquilino, della superficie complessiva di 66 ettari, progettato per alloggiare 28.000 abitanti. 
Una volta approvato il piano bisognava trovare il modo di metterlo in pratica in tempi rapidi, il sindaco Francesco Crispigni decise di effettuare l'espropriazione per pubblica utilità di tutti i terreni ricadenti nel perimetro del piano, ai sensi della legge 2359/1865. 

L'area del nuovo quartiere nella mappa del Nolli del 1748, le ville maggiori sono la Peretti Montalto, Palombara, Caetani e Altieri

Nel novembre del 1871 ai proprietari dei 22 fondi venne notificato l'avviso di esproprio, molti furono i ricorsi, che in tutti casi vennero respinti. Al Principe Massimo venivano espropriate Villa Peretti Montalto e Villa Palombara, Villa Altieri di proprietà di Monsignor de Mérode veniva in parte interessata, mentre Villa Caserta che apparteneva ai Liguorini, era completamente espropriata.
Il 25 febbraio del 1872 fu emesso il decreto di pubblica utilità che permise al Comune di Roma l'esproprio, con il termine di un anno per iniziare i lavori e ultimarli in quattro anni. 

Le tre zone di espansione dell'Esquilino 

Per iniziare subito i cantieri il grandioso piano fu diviso in tre zone di espansione, da lottizzare in diverse convenzioni urbanistiche.
Nel 1872 venne stipulato un contratto di convenzione per la I zona dell'Esquilino con un consorzio formato dalla Compagnia Commerciale Italiana, la Banca Italiana di Costruzioni e la Compagnia Fondiaria Italiana, che si fusero nel dicembre del 1872 dando vita all'Impresa dell'Esquilino.
Intanto veniva approvata la variante del piano realizzata dall'ingegnere Alessandro Viviani, che eliminava il tridente della Stazione Termini e lasciava solamente la via centrale cioè l'attuale Via Cavour.
I cantieri iniziarono nel novembre del 1872 ma andarono a rilento, e nel 1875 il Comune concedette una serie di proroghe alla data del completamento degli isolati, con l'ultima data di consegna di alcuni lotti al 1890. La crisi edilizia del 1887 toccò anche l'Impresa dell'Esquilino che pur avendo realizzato quasi l'intero quartiere della I zona, fallì nel 1890.
Per l'infrastrutturazione della II e III zona dell'Esquilino il Comune di Roma previde un'asta pubblica che venne aggiudicata dall' appaltatore Filippo Antonelli, nell'agosto del 1873, con la clausola di terminare i lavori nel 1875.

Resti delle Mura Serviane lungo Via Merulana nel 1874

Nel 1877 il Senatore Alessandro Rossi di Schio ottenne dal Municipio una concessione di 25.000 metri quadri di terreno nella II e nella III zona dell'Esquilino per realizzare piccole case economiche da affittare e con possibilità di riscatto, le case saranno realizzate nel 1888 nei nove isolati posti lungo le Vie Ferruccio, Tasso e Galilei. Nonostante le buone intenzioni, l'operazione non andò a buon fine e gli edifici vennero ceduti poi al Comune, che provvide alla loro vendita, con progressiva demolizione e ricostruzione. 
Nel 1878 il Comune di Roma affidò alla Società Veneta la costruzione di edifici lungo Via Merulana, negli isolati XXIX, XXXIV e XXXV, terminati nel 1881. 

Quartiere Esquilino nel 1882, la zona I è quasi completata, nella zona II e III sono in costruzione gli edifici di Piazza Vittorio, mentre sono completi i palazzi lungo Via Merulana e le case del Senatore Rossi

Negli anni Ottanta la costruzione dei fabbricati nella II e nella III zona procedeva a rilento, con molti lotti inedificati.
Fondamentale fu l'edificazione della Piazza Vittorio Emanuele, elemento cardine del quartiere, che avvenne con gli accordi del 1881 tra il Comune e la Marotti & Frontini e Geisser, per la realizzazione degli otto grandi isolati della piazza, progettati da Gaetano Koch, Giulio Podesti e Giovanni Riggi. 

Piazza Vittorio Emanuele II in costruzione nel 1884 

Gli edifici monumentali erano pressoché terminati nel 1886, mentre la piazza, con il nuovo parco fu inaugurata nel 1888.
Il 1883 la giunta di Leopoldo Torlonia cedette parte dell'isolato XXXVI a Filippo Annibaldi per realizzarvi edifici residenziali. Sempre nello stesso lotto l'amministrazione vendette piccoli lotti per invogliare la costruzione di edifici di minore dimensioni; altre assegnazioni furono affidate a Francesco Annibaldi e alla Compagnia Fondiaria Italiana.

Il quartiere nel 1888, durante la crisi edilizia

La crisi edilizia del 1887 bloccò completamente tutti i cantieri e cominciano presto i fallimenti delle banche: nel 1890 furono liquidate l'Impresa dell'Esquilino e la Banca Tiberina, nel 1891 la Compagnia Fondiaria Italiana. L'intero patrimonio edilizio di tutte queste banche fallite passò alla Banca d'Italia, che per gestire questi edifici creò l'Istituto Romano di Beni Stabili nel 1904. L'unica banca a resistere fu la Società Generale Immobiliare che, con una ricapitalizzazione nel 1894, manteneva un grande patrimonio immobiliare soprattutto all'Esquilino.
L'edificazione dei lotti mancanti ricominciò ai primi del Novecento, con la realizzazione del Mercato Esquilino (1902), per erbe e frutta, nei lotti XXI e XXII, l'edificazione della I Cooperativa Luzzatti (1909), lotto XVII, la costruzione del Palazzo delle Casse Postali (1912), lotto XXXII, del Palazzo della Zecca dello Stato (1911), lotto IX, e le scuole Manin e Galilei.

Il quartiere nel 1911