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Ennio Morricone di Harry Greb

Street Art Ennio Morricone

In Via delle Fratte di Trastevere, nel Rione Trastevere, è presente un'opera si street art realizzata dall'artista Harry Greb e che raffigura il grande musicista Ennio Morricone con un'aureola in testa e un Premio Oscar in mano.
L'opera è stata realizzata nel Luglio 2020, dopo la notizia della morte del grande compositore.

Ouzerì Mazì

Ouzerì Mazì Mezedes

Ouzerì Mazì è un ristorante situato in Via dei Salumi 2, nel Rione Trastevere. Si tratta di un ristorante greco e che dunque offre numerosi piatti tipici della Grecia, sia caratteristici delle zone marittime che dell'entroterra.
Gli arredi anche richiamano la Grecia, con dipinti murali che raffigurano scene marittime greche.
Il ristorante offre inoltre serate con musica dal vivo.

Casa della Memoria di San Lorenzo

Rudere Bombardamento San Lorenzo

In Via Tiburtina all'angolo con Via dei Dalmati, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come San Lorenzo, è ben visibile uno scheletro di un edificio, rimasto danneggiato dal bombardamento alleato che colpì il quartiere di San Lorenzo il 19 Luglio 1943.
Questo immobile di due piani era stato identificato per la realizzazione della Casa della Memoria del quartiere, un luogo che avrebbe dovuto raccontare e testimoniare ciò che avvenne a San Lorenzo durante la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, in assenza di finanziamenti non è stato fatto alcun intervento.
Nella sua attuale veste di rudere, questo edificio sa comunque essere un monumento, un ricordo di cosa fu il bombardamento del 19 Luglio 1943.

Via Michele Carcani

Via Michele Carcani

Via Michele Carcani è una strada del Quartiere Gianicolense, compresa tra Via Leopoldo Serra e Via degli Orti di Trastevere. Si tratta di una delle strade del quartiere degli Orti di Trastevere, sorto negli anni '70 dove un tempo sorgevano i vecchi binari della Vecchia Stazione Trastevere, successivamente occupati dalle baracche del Campo Buozzi. Questa strada, nello specifico, venne istituita nel 1972 e dedicata al patriota Michele Carcani (1832-1922).

Via Faiti

Via Faiti

Via Faiti è una strada del Quartiere Della Vittoria compresa tra Via Bassano del Grappa e Lungotevere della Vittoria. La strada sorge in un'area del quartiere la cui urbanizzazione venne interrotta a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, urbanizzazione che proseguì negli anni '50 seguendo in gran parte i progetti preesistenti legati al PRG del 1931. Tuttavia, per dividere i nuovi edifici vennero realizzate due nuove strade private, che presero nel 1958 i nomi di Via Faiti e Via Fagarè.
Le due piccole strade ebbero, in linea con la toponomastica della zona che vede le strade dedicate a luoghi legati alla Prima Guerra Mondiale, e nello specifico questa venne dedicata al Dosso Faiti, altura del Carso sloveno che nel 1916 fu conquistato dall'Esercito Italiano nella Nona Battaglia dell'Isonzo.
Il nome di questa altura, tuttavia, non rappresentava una novità nella toponomastica di Roma. Nel 1940, infatti, tutte le strade che circondano l'area di Montecitorio presero nomi legati alle imprese belliche di Gabriele d'Annunzio, e una delle strade, Via del Parlamento, prese il nome di Via Dossofaiti. Per quanto riportato scritta in maniera differente, il Dosso Faiti sarebbe appunto sempre il Faiti, l'altura ricordata da questa strada nella quale nel 1916 combattè anche d'Annunzio.
Nel 1945 la strada cambiò nome, tornando a essere Via del Parlamento, e il Faiti venne nel 1958 risarcito con il nome di quest'altra strada.

Via Fagarè

Via Fagarè

Via Fagarè è una strada del Quartiere Della Vittoria, compresa tra Via Bassano del Grappa e Lungotevere della Vittoria. L'origine della strada risale al 1958, quando nel realizzare una serie di nuovi edifici in questo pezzo del quartiere rimasto non costruito al momento dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale si decise di dividere gli edifici con due piccole strade private, tra cui questa che prese il nome di Via Fagarè, in onore della località posta lungo il Piave che fu tra i teatri dello scontro della Prima Guerra Mondiale, un nome attribuito in linea con i nomi delle strade della zona che sono dedicate a luogi del primo conflitto mondiale.
Una curiosità: la piccola targa stradale di Via Fagarè riporta tra parentesi il sottotitolo "Isolotto del Piave", come si legge anche nella delibera con cui venne istituita la strada. Tuttavia, Fagarè della Battaglia risulta oggi essere una frazione del comune di San Biagio di Callalta posta su una riva del Piave, ma non su un isolotto.

Targa in memoria della Breccia di Porta Pia



La targa in questione si trova sulle Mura Aureliane nel punto in cui venne aperta il 20 settembre 1870 la Breccia di Porta Pia, nel Quartiere Salario.
La lapide fu solennemente inaugurata il 4 giugno 1871 dal Sindaco Francesco Rospigliosi Pallavicini e da alcuni bersaglieri.


In origine la targa era sormontata da uno stemma coronato del Comune di Roma, raccordato da volute e un festone centrale, queste decorazioni furono rimosse nel 1920 quando la lapide fu inserita nel più ampio monumento realizzato nel Cinquantenario della Breccia di Porta Pia.

Via Bassano del Grappa

Via Bassano del Grappa

Via Bassano del Grappa è una strada del Quartiere Della Vittoria compresa tra Piazza Giovanni Randaccio e Via Costabella. La strada si trova nella parte settentrionale del quartiere, un'area in corso d'urbanizzazione al momento dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, come dimostra la mappa di Roma del 1944.

Via Bassano del Grappa mappa 1944
L'area dove oggi sorge Via Bassano del Grappa ancora non edificata nel 1944

Quando, dopo il conflitto, lo sviluppo urbanistico di Roma riprese, parte del piano regolatore venne ripreso, compresa Via Bassano del Grappa, formalmente istituita nel 1950 e citata non a caso esplicitamente come "strada prevista dal P. R.".
In linea con la toponomastica della zona, la strada venne dedicata a un luogo importante della Prima Guerra Mondiale, nello specifico Bassano del Grappa, nota località della Provincia di Vicenza.

Vicolo del Campanile

Vicolo del Campanile Passetto di Borgo

Vicolo del Campanile è una strada del Rione Borgo, compresa tra Via della Conciliazione e Borgo Pio. L'origine del nome della strada è abbastanza eloquente, e il campanile in questione è quello della vicina Chiesa di Santa Maria in Traspontina, che si affaccia su Via della Conciliazione ma che si può scorgere dalla strada.
All'angolo con Borgo Sant'Angelo è presente un'Edicola Sacra raffigurante la Beata Vergine del Carmine, mentre all'angolo con Borgo Pio, su quest'ultima strada, si può vedere un curioso disco inglobato in un edificio che alcuni ritengono possa essere stato una forma per pagnotte.

Vicolo del Campanile Targa

Al numero 45 della strada si ritiene abbia vissuto Giovanni Battista Bugatti, conosciuto a tutti come Mastro Titta, il celebre boia di Roma del XIX Secolo.

Colonna Commemorativa alla Breccia di Porta Pia



La colonna commemorativa alla Breccia di Porta Pia si trova in Corso d'Italia, di fronte al monumento eretto sul luogo della breccia, nel Quartiere Salario.
Già a partire dagli anni ottanta dell'Ottocento si pensò, in ambienti mazziniani e liberali, di costruire un monumento celebrativo dedicato alla liberazione di Roma, da collocare davanti alla Breccia di Porta Pia.
Nel 1890 il Municipio decise di affidare a Giulio Tadolini la realizzazione di un monumento da dedicare al Maggiore dei Bersaglieri Giacomo Pagliari, morto durante l'assalto alla breccia, ma del progetto non se ne fece niente.
Le celebrazioni del 1895 per i venticinque anni dalla Liberazione di Roma, offrivano l'occasione per realizzare un monumento, anche in questo caso però il Municipio non fu in grado di portare a compimento l'opera. Per fortuna intervenne la Società per il Bene Economico, legata ad ambienti repubblicani e massonici, che il 19 febbraio 1895 si propose di costruire una colonna commemorativa a proprie spese.
La colonna, in granito rosso orientale, sarebbe stata fornita dal Comune di Roma, era stata ritrovata nel 1875, spezzata in due tronconi, nei pressi del Pantheon.
Ettore Ferrari, presidente della commissione deputata alla realizzazione del Monumento, assunse in prima persona la direzione dei lavori, affidando all'architetto Carlo Aureli  il progetto e al suo allievo Giuseppe Guastalla la scultura della Vittoria da porsi sopra la colonna.
Lo scultore presentò il bozzetto in soli 70 giorni, che fu poi fuso in bronzo dalla ditta Brugo Piernovelli.
Il monumento è costituito da quattro parti: il piedistallo, l'antica colonna, con capitello corinzio, il globo sferico e la statua della Vittoria.
Nel capitello le foglie d'acanto sono state sostituite da palme con trofei tra le volute.

Bozzetto della statua

La statua della Vittoria alata, di ispirazione ellenistica, ha il capo cinto da un lauro e dalla stella dell'Italia a cinque punte, nella destra sorregge la palma della Vittoria, mentre nella sinistra i Fasci della Concordia.
L'iscrizione sul piedistallo fu dettata dal politico massone Giovanni Bovio: XXV ANNIVERSARIO DEL XX SETTEMBRE MDCCCLXX QUANDO ALL'VNIVERSALITÀ DEL DIRITTO DVE VOLTE ROMANAMENTE AFFERMATO I FATI AGGIVNSERO LA CONOSCENZA LIBERA DELL'VMANITÀ NVOVA PER QVESTA BRECCIA L'ITALIA RIENTRÒ IN ROMA.
Sul lato posteriore un'altra iscrizione ricorda i promotori e finanziatori: LA SOCIETÀ PER IL BENE ECONOMICO DI ROMA CON OFFERTE DI TVTTA ITALIA ERESSE.
In origine la colonna si trovava nel mezzo di Corso d'Italia ed era molto più visibile rispetto ad oggi.


L'inaugurazione del monumento avvenne il 20 settembre del 1895 con un grande afflusso di pubblico. Il corteo partì da Piazza del Popolo, sfilò lungo via del Corso, Piazza Venezia, via Nazionale, il Castro Pretorio e Corso d'Italia, la testa del corteo era guidata da esponenti della massoneria, che avevano tanto voluto il monumento.

La colonna nel 1920, al centro di Corso d'Italia

Negli anni Sessanta la colonna è stata spostata per esigenze di traffico ed è stata collocata di fronte alla Breccia di Porta Pia così come la vediamo oggi.



La forma della pagnotta a Borgo Pio

Pagnotta Borgo
La presunta forma per pagnotte a Borgo Pio

In un palazzo situato a Borgo Pio all'angolo con Via del Campanile, nel Rione Borgo, è possibile vedere una forma circolare apparentemente anonima inserita in un muro. Questo singolare oggetto, secondo una tradizione tuttavia non confermata, sarebbe una forma per pagnotte.
La tradizione non è confermata, per via della vaghezza delle informazioni a riguardo, ma non possiamo escluderla a priori, e vuole che in un anno non determinato una carestia portò a una carenza di farina che limitò la produzione di pane. Questo portò i fornai della zona a dover ridurre le dimensioni delle pagnotte in vendita, mantenendo però lo stesso prezzo e facendo alterare non poco i Romani.
Intervenne a questo punto il Papa (la tradizione non è chiara su quando ciò avvenne e, di conseguenza, su chi fosse il Papa) ordinò che questo disco venne posato su un muro di Borgo Pio e che le pagnotte avessero tutte queste dimensioni, per evitare speculazioni di mercato.

La Pagnotta di Borgo Pio

Purtroppo come si può notare si tratta di una storia molto suggestiva e assolutamente plausibile, ma la vaghezza delle informazioni a riguardo e la scarsità di fonti non permette di confermare tale storia.

Mura Serviane in Piazza dei Cinquecento



I resti delle Mura Serviane si trovano in Piazza dei Cinquecento sul versante Settentrionale, di fronte al Palazzo delle Poste della Stazione Termini, oggi Hotel NH Collection, nel Rione Castro Pretorio.
Si tratta del tratto più lungo di Mura Serviane esistente a Roma.
Secondo la tradizione la cinta fu costruita da Servio Tullio, sesto re di Roma, in tufo cappellaccio. Dopo l'incendio Gallico del 390 AC le mura furono ricostruite utilizzando il più resistente tufo di Grotta Oscura. Le mura erano alte mediamente 10 metri con lo spessore di 4 metri, erano lunghe 11 chilometri e inglobavano i sette colli di Roma, al loro interno si aprivano 12 porte.


La conformazione geografica pianeggiante di questa parte di Roma comportò la costruzione dell'imponente aggere serviano, costituito da un muro interno, controscarpa, alto circa 2 metri, che sosteneva un terrapieno addossato al muro difensivo, muro di scarpa, alto 10 metri, oltre le mura si estendeva un ampio fossato largo 36 metri, il vallum.
In età Imperiale le mura caddero in disuso, e nel Medioevo se ne perse la traccia, anche se rimase un tratto in rilievo. Fu sotto Sisto V che sopra le mura fu scaricata tutta la terra di riporto proveniente dalla creazione delle strade e della grande piazza delle Terme costituendo il cosiddetto Monte di Giustizia, poi inglobato nella villa Peretti Montalto.
Con la costruzione della Stazione Termini il Monte di Giustizia fu progressivamente scavato e nel 1876 venne alla luce questo tratto di mura, assieme alla Porta Viminalis e al Bottino, castellum aquae, dell'Acqua Marcia, Julia e Tepula.


Il tratto di mura è lungo 94 metri, in blocchi quadrangolari di tufo, con spessore di 4 metri e l'altezza originaria di 10 metri.
Nel 1878 fu scoperta un'altra porzione di Mura posta più ad ovest, di dimensioni ridotte.

Il Bottino di Termini, in tufo e travertino, e l'Hotel NH Collection

Sul lato esterno della città sono presenti anche dei resti in laterizio di costruzioni di epoca Imperiale.

Il Bottino dell'Aqua Marcia fra binari e vagoni ferroviari

Le mura furono inglobate negli edifici della Stazione Termini fra binari e depositi.
Nel 1926 davanti alle mura venne costruito il grande Palazzo delle Poste della Stazione Termini.
Soltanto a partire dagli anni trenta fu decisa la creazione di un nuovo fabbricato viaggiatori della stazione con l'ampliamento di Piazza dei Cinquecento e la liberazione delle Mura Serviane.
Nel 1949 venne progettato il nuovo assetto di Piazza dei Cinquecento, con le mura Serviane poste come quinta nella piazza stessa e dell'edificio di testata della Stazione Termini. Durante lo scavo per la costruzione della stazione della metropolitana furono rinvenuti degli ampi tratti del muro di contenimento arcaico, controscarpa, oggi inglobati all'interno della Stazione Termini.

Beata Vergine del Carmine in Borgo Sant'Angelo angolo Vicolo del Campanile

Edicola Sacra Borgo Sant'Angelo

In Borgo Sant'Angelo, all'angolo con Vicolo del Campanile, nel Rione Borgo, è presente un Edicola Sacra raffigurante la Beata Vergine del Carmine con Gesù Bambino in braccio. L'Immagine è realizzata a mosaico.

Regina Pacis in Lungotevere Della Vittoria

Edicola Sacra Lungotevere della Vittoria

Sul Lungotevere della Vittoria, nel Quartiere Della Vittoria, all'angolo con Via Costabella, è presente un'Edicola Sacra raffigurante la Regina Pacis.
L'Immagine esposta è divisa in due parti, quella superiore mostra la Madonna Regina Pacis col Bambino, nella iconografia della statua conservata nella Basilica di Santa Maria Maggiore, realizzata dallo scultore Galli nel 1918 per volontà del Pontefice Benedetto XV. La parte inferiore rappresenta una mappa del Quartiere della Vittoria, con la figura del Pontefice Pio XII benedicente i parrocchiani della Chiesa di Cristo Re, nella visita da lui compiuta il 2 giugno del 1952.

Moschee di Salonicco

Alaca Imaret (non più in uso come moschea), Galilaiou

Chiesa del Profeta Elia

Ναός Προφήτη Ηλία Θεσσαλονίκης

La Chiesa del Profeta Elia si trova a Salonicco, lungo la Via Olimpiados. Essa risale al periodo dei Paleologi, probabilmente al 1360-1370 circa, probabilmente al posto di un edificio distrutto nel 1342 nella rivolta degli Zeloti.
A fondare la Chiesa fu il monaco Makarios Houmnos, che la dedicò alla Panagia.
La Chiesa si presenta con una pianta a Croce Atonita, ovvero a croce greca con absidi in corrispondenza dei rettangoli del naos. La muratura, invece, alterna mattoni e bugnato bianco, un fatto insolito per Salonicco e ripreso dall'architettura tipica di Costantinopoli. L'interno vede una notevole attenzione all'illuminazione, mentre le decorazioni sono ritenute un esempio di notevole litello dell'arte paleologa.
Chiesa Profeta Elia Salonicco

Spesso la Chiesa è stata vista come un Katholikon del Monastero Nea Monì, ma su questo fatto sono stati sollevati diversi dubbi. Nea Monì, infatti, continuò a rimanere operativo come monastero anche durante l'occupazione ottomana, diversamente dalla Chiesa del Profeta Elia.
Nel 1430, infatti, quando Salonicco cadde nelle mani degli Ottomani, Badrah Mustafa Pasha convertì la Chiesa del Profeta Elia in una moschea, che venne chiamata Moschea Sarayli, che significa "Moschea del Palazzo".
Salonicco Chiesa Profeta Elia

Nel 1912, quando gli ottomani vennero cacciati da Salonicco, la Chiesa tornò al culto cristiano.
Riguardo il nome della Chiesa c'è un dibattito storico irrisolto. Non è chiaro infatti se fosse stata già dedicata al Profeta Elia prima di essere convertita in moschea o il suo nome è un risultato di una similitudine col nome di Sarayli con cui la moschea era nota. Non si esclude infatti che il nome derivi da una similitudine tra la parola Sarayli e Ai-Ilias, Sant'Elia. I ricercatori Texier e Pullan pensano invece che la Chiesa avesse già preso questo nome prima dell'occupazione ottomana di Salonicco, e che siano stati i turchi a chiamare la moschea Sarayli per similitudine col nome Sant'Elia.

Alaca Imaret

Moschea Alaca Imaret

La Moschea Alaca Imaret è una moschea oggi non più funzionante di Salonicco, situata lungo la via Galilaiou. Il nome di questa moschea, Alaca, significa letteralmente "colorato" in rifetimento al minareto oggi non più esistente, mentre l'Imaret è una mensa tipica dell'Impero Ottomano in cui veniva cucinata zuppa per i poveri, una delle quali era annessa alla moschea. La moschea è inoltre nota come Moschea Ishak Pasha, dal nome del generale ottomano e Gran Visir che la costruì.

Alaca Imaret Portico

L'origine della Moschea risale al 1484-1487, quando Salonicco apparteneva all'Impero Ottomano, e la sua struttura è caratterizzata da una pianta a T rovesciata (tipica nelle moschee), con un portico sormontato da cinque cupole e una sala per la preghiera sormontata da due grandi cupole. In passato un minareto sorgeva al fianco della struttura, ma venne abbattuto nel 1912 quando l'esercito della Grecia cacciò gli ottomani dalla città.

Alaca Imaret vista da Kassandrou

Fu proprio in quell'anno, nel 1912, che l'edificio cessò di funzionare come moschea, così come anche l'imaret cessò di essere attivo.
Nel 1969 si verificò un parziale crollo del portico, che per questa ragione venne restaurato l'anno successivo.

Yahudi Hamam

Lo Yahudi Hamam è un edificio di Salonicco situato tra le vie Fragkini, Komninion e Vasileos Irakleiou, che un tempo fu uno stabilimento termale. Il nome, noto anche con la grafia greca di Γιαχουντί Χαμάμ, significa letteralmente "Bagno degli Ebrei", dal momento che nel XVI Secolo, quando gli Ottomani realizzarono questo stabilimento termale, il quartiere era abitato principalmente da Ebrei Sefarditi.
Yahudi Hamam Salonicco

Trovandosi vicino al mercato centrale di Salonicco, questo stabilimento termale fu noto anche come Pazar Hamam.

Complesso di Piazza Kiprion Agoniston

Complesso Piazza Kiprion Agoniston

In piazza Kiprion Agoniston, a Salonicco, sono presenti alcuni ruderi nello spazio centrale della piazza. Si tratta di resti in muratura risalenti al III Secolo avanti Cristo appartenenti probabilmente a un complesso di carattere amministrativo. Si ritiene infatti che all'epoca quest'area fosse il centro amministrativo di Salonicco.

Picanha

Picanha Ladadika

Il Picanha è un ristorante situato a Salonicco, in Grecia, nel quartiere di Ladadika, per la precisione lunga la via Egyptou al civico 3. Si tratta di una steakhouse brasiliana.

Edicole Sacre nel Rione Esquilino

A seguire un elenco delle Edicole Sacre situate nel Rione Esquilino, elencate in base all'ordine alfabetico della strada in cui si trovano.

Via Balilla:

Siti archeologici del Rione Castro Pretorio

A seguire una lista dei siti archeologici presenti nel Rione Castro Pretorio, elencati in ordine alfabetico.

Castro Pretorio

Antonina

San Vitale mosaic
Presumed portrait of Antonina in the mosaics of San Vitale in Ravenna. On the left is represented Her daughter Giovanna

Antonina (484/495-after 565) was an Eastern Roman Empire (which is improperly called Byzantine Empire) patrician, wife of the general Belisarius and very close to the Empress Theodora, wife of the Emperor Justinian. Antonina and Theodora were generally seen as two women with a very strong and very influential personality. In Antonina's specific case, the historians' reports almost speak of a real relationship of domination towards her husband Belisarius, despite this being one of the greatest generals of the Empire, who emerged victorious from the Nika revolt, the war against the Vandals and the Greek-Gothic war. Belisarius was systematically betrayed by Antonina, and episodes narrated by the historian Procopio of how the great general also licked his wife's feet, as a sign of submission. Episodes that we will see better later.

San Vitale mosaic Belisarius

Antonina (whose Greek name is spelled Ἀντωνίνα) was the daughter of a charioteer who ran at the Hippodrome of Constantinople also active in Thessalonika, and of a prostitute, and like Theodora she came from the hippodrome environment.
Antonina's marriage to Belisario was probably the second for the woman, who previously had already had a son, Photius, who was a military alongside His stepfather in numerous military campaigns, and perhaps even a stepdaughter.
Most of the information relating to Antonina comes from the Secret History, a work written by the historian Procopio of Caesarea, which traces the portrait of a particularly strong and influential woman and a particularly submissive husband, albeit at the same time among the most skilled soldiers of his time, able among other things to defeat the Goths who were besieging Rome between 537 and 538.
About Antonina's youth and the context from which she came, Procopio speaks of an "obscene and dissolute" life and of the fact that she had already been the mother of many children before marrying Belisarius, referring specifically to Photius.
After her marriage to Belisario, the woman followed her husband in the wars against the Vandals in Africa in 533, together with Theodosius, godson's son of the general with whom Antonina began to enter into a relationship. Although the two had once been discovered while undressed, the general preferred to believe an apology from the wife to justify what he had just seen, and the relationship between Antonina and Theodosius continued.
Procopius also attributes an important merit to Antonina in the war against the Vandals: the woman, in fact, kept drinking water in Byzantine vessels in some jars after most of the supplies had been contaminated.
Antonina was then sent to Rome with her husband on the occasion of the Greek-Gothic war. Belisarius' mission was not only to defeat the Gothic king Vitige, but also to depose Pope Saint Silverius (536-537), Who enjoyed Gothic support but towards which there were many reservations from Constantinople, since the Empress Theodora had sympathies towards the Monophysites and, at the death of Pope Saint Agapetus I, had sided with Bishop Vigilius who had given reassurances about it. Theodora, who was Antonina's close friend, wanted to count on her support in the mission assigned to Belisarius.
Thanks to a forged letter that falsely accused Saint Silverius of complicity with the Gothic king Vitige who was besieging Rome, the Pope was deposed by Belisarius and replaced with his successor, Vigilius (537-555). Silverio is today revered as a saint and is patron of the island of Ponza, near which is the island of Palmarola where he died in exile.
Just in the meeting between Antonina and Saint Silverius an episode is told by Procopius that speaks of what it almost represents as a relationship of submission to her by Belisarius. During the meeting, in fact, Antonina was lying on a triclinium and her husband Belisarius was lying at her feet, a position that generally in Ancient Rome was attributed to Servus ad Pedes.
Antonina probably remained in Italy until 540, when returning to Constantinople with Theodora she started plotting to bring down John the Cappadocian, Prefect of the Praetorium of the East. After the return of Belisarius, in fact, the latter had gained considerable popularity and John was seeing him as a rival. Antonina therefore brought into play a ruthless stratagem, pretending to want to organize a conspiracy against Justinian and managing to find John on his side, who, caught on the fact, was forced to flee and retire to a monastery.
Theodosius, the godson of Belisarius and lover of Antonina, had also settled in a monastery, which made the patrician sad, but when the general was sent to the eastern limes for a campaign against the Persians, the young man left the monastery and returned to to be Antonina's lover.
In 541 Antonina also went to the eastern limes, but because of Photius, Belisarius he had discovered his relationship with Theodosius and seemed determined to punish her by segregating her and doing the same with her lover. However, the Empress Theodora, Antonina's close friend, had Fozio and some followers of Belisarius tortured to reveal where Theodosius was and free him. Convened Antonina, he told her that he wanted to show her a precious gem which she had come into possession of, and made her reunite with Theodosius.
Subsequently, in 543, Belisarius fell out of favor in the eyes of Theodora, since Justinian had been infected by the plague that had affected Constantinople and, in the period of illness before he recovered, it was feared that many generals and high officials were plotting to choose a new emperor.
Thanks to Antonina and her close friendship with Theodora, Belisario was rehabilitated. Procopius narrates that upon receiving Theodora's letter of forgiveness, the general threw himself at Antonina's feet, stroking her legs and licking the soles of her feet. It is a gesture that well gives the idea of ​​Antonina's influence, since Belisarius, even in a difficult moment, was one of the most powerful generals of the empire, and prostrating himself at the feet of his wife and licking her soles represented a very eloquent gesture.
Theodora also favored the marriage between Giovanna, daughter of Antonina and Belisario, and her nephew Anastasio, a marriage that would have made him inherit the vast possessions of the Belisario family. However, after Theodora's death in 548, Antonina broke the marriage.
In all probability Antonina died subsequently to her husband, who died in 565, but it is not known exactly when.
Historical interpretations of Antonina are different. Our main source in relation to his life is represented by the Secret History of Procopius, a particularly acrimonious work against Justinian and his wife Theodora but which, even before criticizing the imperial couple, takes it out on Antonina, to whom the first chapters are dedicated. The work, in any case, generally considered the work of Procopio, according to some, could be the work of a namesake, Procopio of Constantinople, since it was published posthumously.
The work, in any case, however hard it is on the figure of Antonina, emphasizing her debauchery and her passion for intrigue, follows a critical pattern towards her, but certainly is based at least in part on elements of truth , first of all a close relationship with Theodora.
In 2012 a novel dedicated to the figure of Antonina was released with the eloquent title "Antonina: A Byzantine Slut", the work of the American writer Paul Kastenellos, specialized in novels set in the Eastern Roman Empire.


Antonina

Antonina San Vitale
Presunto ritratto di Antonina nei mosaici di San Vitale a Ravenna. A sinistra è raffigurata la figlia Giovanna

Antonina (484/495 circa-dopo il 565) fu un'esponente del patriziato dell'Impero Romano d'Oriente (che viene impropriamente chiamato Impero Bizantino), moglie del grande generale Belisario e figura molto vicina all'Imperatrice Teodora, moglie dell'Imperatore Giustiniano. Antonina e Teodora furono in generale viste come due donne dalla personalità molto forte e molto influenti. Nel caso specifico di Antonina, i resoconti degli storici quasi parlano di un vero e proprio rapporto di dominazione nei confronti del marito Belisario, nonostante questo fosse uno dei massimi generali dell'Impero, uscito vincitore dalla rivolta di Nika, dalla guerra contro i Vandali e dalla guerra Greco-Gotica. Belisario venne tradito da Antonina sistematicamente, e si narrano episodi raccontati dallo storico Procopio di come il grande generale abbia anche leccato i piedi della moglie, in segno di sottomissione. Episodi che vedremo meglio più avanti.

Mosaico San Vitale Belisario
Il generale Belisario nei mosaici di San Vitale a Ravenna

Antonina (il cui nome greco si scrive Ἀντωνίνα) fu figlia di un auriga che correva all'Ippodromo di Costantinopoli attivo anche a Thessalonica e di una prostituta, e come Teodora proveniva dall'ambiente dell'ippodromo.
Il matrimonio di Antonina con Belisario fu probabilmente però il secondo per la donna, che in precedenza aveva già avuto un figlio, Fozio, che fu militare al fianco del patrigno in numerose campagne militari, e forse anche una figliastra.
La maggior parte delle informazioni relative ad Antonina provengono dalla Storia Segreta, opera scritta dallo storico Procopio di Cesarea, che traccia appunto il ritratto di una donna particolarmente forte e influente e di un marito particolarmente sottomesso, seppur al contempo tra i più abili militari del suo tempo, in grado tra le altre cose di sconfiggere i Goti che stavano cingendo Roma d'assedio tra il 537 e il 538.
Sulla gioventù di Antonina e il contesto da cui proveniva, Procopio parla di una vita "oscena e dissoluta" e del fatto che fosse stata già madre di molti bambini prima di sposare Belisario, facendo riferimento specifico a Fozio.
Dopo il matrimonio con Belisario, la donna seguì il marito nelle guerre contro i Vandali in Africa nel 533, insieme anche a Teodosio, figlioccio del generale con cui Antonina iniziò a intraprendere una relazione. Nonostante i due fossero stati una volta scoperti mentre erano svestiti, il generale preferì credere a una scusa della moglia per giustificare ciò che aveva appena visto, e la relazione tra Antonina e Teodosio proseguì.
Procopio attribuisce ad Antonina anche un importante merito nella guerra contro i Vandali: la donna, infatti, conservò in alcuni vasetti l'acqua potabile nelle imbarcazioni bizantine dopo che la maggior parte delle scorte erano state contaminate.
Antonina venne poi inviata a Roma al fianco del marito in occasione della guerra Greco-Gotica. La missione di Belisario non era solo quella di sconfiggere il re gotico Vitige, ma anche deporre Papa San Silverio (536-537), che godeva dell'appoggio gotico ma verso il quale da Costantinopoli c'erano molte riserve, dal momento che l'Imperatrice Teodora aveva simpatie verso i Monofisiti e, alla morte di Papa Sant'Agapito I, aveva parteggiato per il Vescovo Vigilio che aveva dato rassicurazioni a riguardo. Teodora, che era amica stretta di Antonina, volle contare sul suo sostegno nella missione assegnata a Belisario.
Grazie a una lettera contraffatta che accusava falsamente San Silverio di complicità col re Gotico Vitige che stava assediando Roma, il Pontefice venne deposto da Belisario e sostituito con il suo successore, Vigilio (537-555). Silverio è oggi venerato come Santo ed è patrono dell'isola di Ponza, vicino alla quale si trova l'isola di Palmarola ove morì in esilio.
Proprio nell'incontro tra Antonina e San Silverio è raccontato da Procopio un episodio che parla di quella che rappresenta quasi come un rapporto di sottomissione a lei da parte di Belisario. Durante l'incontro, infatti, Antonina si trovava stesa su un triclinio e suo marito Belisario giaceva ai suoi piedi, una posizione che generalmente nell'Antica Roma era attribuita al Servus ad Pedes.
Probabilmente Antonina rimase in Italia fino al 540, quando tornando a Costantinopoli insieme a Teodora iniziò a tramare per far cadere Giovanni di Cappadocia, Prefetto del Pretorio d'Oriente. Dopo il ritorno di Belisario, infatti, quest'ultimo aveva ottenuto una notevole popolarità e Giovanni lo stava vedendo come un rivale. Antonina mise dunque in campo uno spietato stratagemma, fingendo di voler organizzare una congiura contro Giustiniano e riuscendo a trovare Giovanni dalla sua parte, che colto sul fatto fu costretto alla fuga e a ritirarsi in un monastero.
In un monastero si era stabilito anche Teodosio, il figlioccio di Belisario ed amante di Antonina, fatto che aveva reso triste la patrizia, ma quando il generale fu mandato sul limes orientale per una campagna contro i Persiani, il giovane lasciò il monastero e tornò ad essere amante di Antonina.
Nel 541 anche Antonina si recò sul limes orientale, ma a causa di Fozio Belisario aveva scoperto la sua relazione con Teodosio e sembrava determinato a punirla segregandola e facendo lo stesso col suo amante. Tuttavia l'Imperatrice Teodora, ormai stretta amica di Antonina, fece torturare Fozio e alcuni seguaci di Belisario affinché rivelassero dove si trovava Teodosio e lo fece liberare. Convocata Antonina, le disse che voleva mostrarle una gemma preziosa di cui era entrata in possesso, e la fece ricongiungere con Teodosio.
Successivamente, nel 543, Belisario cadde in disgrazia agli occhi di Teodora, dal momento che Giustiniano era stato contagiato dalla pestilenza che aveva colpito Costantinopoli e, nel periodo di malattia prima che guarisse, si temette che molti generali e alti funzionari stessero tramando per scegliere un nuovo Imperatore.
Grazie ad Antonina e alla sua stretta amicizia con Teodora, Belisario venne riabilitato. Procopio narra che ricevuta da Teodora la lettera di perdono, il generale si gettò ai piedi di Antonina, accarezzandole le gambe e leccandole le piante dei piedi. Si tratta di un gesto che ben da l'idea dell'influenza di Antonina, dal momento che Belisario, seppur in un momento difficile, era uno dei generali più potenti dell'impero, e prostrarsi ai piedi della moglie e leccarle i piedi rappresentava un gesto molto eloquente.
Teodora favorì inoltre il matrimonio tra Giovanna, figlia di Antonina e Belisario, e suo nipote Anastasio, matrimonio che avrebbe fatto ereditare a quest'ultimo i vasti possedimenti della famiglia di Belisario. Tuttavia, dopo la morte di Teodora nel 548, Antonina ruppe il matrimonio.
Con tutta probabilità Antonina morì successivamente al suo marito, deceduto nel 565, ma non si sa di preciso quando.
Le interpretazioni storiche su Antonina sono diverse. La nostra principale fonte relativamente alla sua vita è rappresentata dalla Storia Segreta di Procopio, un'opera particolarmente astiosa contro Giustiniano e la moglie Teodora ma che prima ancora che criticare la coppia imperiale se la prende con Antonina, cui sono dedicati i primi capitoli. L'opera, in ogni caso, ritenuta generalmente opera di Procopio, secondo alcuni potrebbe essere opera di un omonimo, Procopio di Costantinopoli, dal momento che è stata pubblicata postuma.
L'opera, in ogni caso, per quanto sia molto dura sulla figura di Antonina, enfatizzando la sua dissolutezza e la sua passione per l'intrigo, segue uno schema critico nei suoi confronti, ma sicuramente si basa almeno in parte su elementi di verità, primo tra tutti uno stretto rapporto con Teodora.
Nel 2012 è uscito un romanzo dedicato alla figura di Antonina dall'eloquente titolo "Antonina: A Byzantine Slut", opera dello scrittore statunitense Paul Kastenellos, specializzato in romanzi ambientati nell'Impero Romano d'Oriente.


Altri siti che ne parlano:

II Cooperativa Luzzatti

II Cooperativa Luzzatti Via Balilla

La II Cooperativa Luzzatti fu la seconda delle tre Cooperative Luzzatti che presero il nome dall'omonima legge in seguito alla quale nacquero forme di cooperazione e istituti che portarono alla nascita di nuovi alloggi per ceti popolari, tra cui anche l'Istituto delle Case Popolari.
La II Cooperativa Luzzatti nacque nel 1911, otto anni dopo la I e anch'essa nel Rione Esquilino, e costruì una serie di alloggi in edifici di piccole dimensioni in un'area compresa tra Via Principe di Piemonte (oggi Via Giovanni Giolitti) e Via di Porta Maggiore, opera dell'architetto Umberto Leoni.

Cooperativa Luzzatti Mappa

Il principio urbanistico di questa cooperativa è molto simile a quello della I Cooperativa (e, successivamente, della III): posta tra due strade di scorrimento, le abitazioni si sviluppano lungo una strada centrale nata originariamente come strada privata, in questo caso Via Balilla.
Case Coop Luzzatti Via Giolitti
Case della II Cooperativa Luzzatti con l'edificio oggi occupato dall'Hotel Tempio di Pallade in Via Giolitti

Diversamente dalla I e dalla III Cooperativa Luzzatti, la II non ha subito demolizioni e conserva ancora completamente l'aspetto originario: forse anche per questo Via Balilla conserva un'identità di quartiere e organizza ogni anno una festa tra gli abitanti della strada.

Madonna del Divino Amore in Via Balilla


In Via Balilla, nel Rione Esquilino, è presente un Edicola Sacra raffigurante la Madonna del Divino Amore. L'edicola si presenta come una struttura in muratura posta tra due dei caratteristici edifici della strada.

Scavi Archeologici del Monte di Giustizia



Gli scavi archeologici del Monte di Giustizia furono i tre diversi scavi che comportarono, alla fine dell'Ottocento, lo sbancamento completo di questo monte che si era venuto a creare in età sistina con i detriti provenienti dal cantiere di scavo per la creazione della Piazza delle Terme di Diocleziano.

Il Monte di Giustizia in un acquerello del 1778

Il Monte di Giustizia era entrato a far parte della villa Peretti Montalto, e Sisto V vi aveva fatto sistemare una statua della dea Roma posta sul punto più alto del monte cui si accedeva da una gradinata in salita. Il luogo fu chiamato popolarmente Monte di Giustizia per la confusione della statua della dea Roma con quella della Giustizia.
La zona fu sconvolta nel 1860 con la costruzione della Stazione Centrale di Roma Termini, voluta dal pontefice Pio IX.

Pianta della Stazione Termini e del Monte di Giustizia del 1866

Nell'anno successivo infatti fu sbancata parte del monte per permettere il passaggio dei binari fino alle botteghe di Farfa dove era sistemata la nuova stazione.

Il Monte di Giustizia nel 1868

Negli scavi furono rinvenuti tratti di Mura Serviane che vennero sezionati dove passavano i binari e alcune rovine di età repubblicana che vennero demolite.

La primitiva Stazione Termini vista dal Monte di Giustizia nel 1868

La seconda campagna di scavi venne realizzata tra il 1868 e il 1870 per la costruzione del fabbricato viaggiatori della Stazione Termini su progetto di Salvatore Bianchi.


Gli scavi furono condotti da Rodolfo Lanciani che ha lasciato testimonianze fotografiche e disegni dei resti rinvenuti.

Edifici del II secolo scavati e demoliti

Purtroppo gli ambienti ritrovati, alcune insule imperiali appartenenti al II secolo DC, vennero tutti demoliti, i blocchi di tufo delle Mura Serviane furono numerati e smontati.



La terza campagna di scavi fu intrapresa a partire dal 1874, e comportò lo spianamento completo del Monte di Giustizia, realizzato per ampliare la stazione Termini, venne infatti costruito il grande edificio della Dogana posto sulla piazza di Termini e alcuni edifici minori.


Nel 1876 affiorò un grande tratto di Mura Serviane lungo 94 m, inoltre fu scavata anche la Porta Viminalis e venne alla luce il bottino delle acque Marcia Tepula e Julia, di forma circolare, in tufo e travertino.
Nel 1878 comparve a Nord un altro tratto di Mura prosecuzione di quello precedente.
La Compagnia Ferroviaria avrebbe voluto la demolizione dei resti di età romana per consentire l'ingrandimento dei servizi stazione, in questo senso fu chiesto all'Amministrazione Capitolina il permesso di demolire i ruderi.

La Mura Serviane nel complesso degli edifici della Stazione Termini 

Finalmente nel 1879 la Direzione Generale dei Musei e degli Scavi di Antichità proclamò la conservazione integrale dei ruderi considerati preziosissimi, secondo i voti espressi dai cultori delle antichità, per il decoro del governo della nazione.

Il Bottino di Termini e i resti delle Mura Serviane nella Stazione Termini

Da questo momento le mura furono circondate da dagli edifici della Stazione Termini.
Il primo tratto di Mura Serviane scoperto nel 1861 venne demolito per consentire l'ampliamento dei binari di stazione nel 1911.

Le Mura Serviane tagliate dai binari ferroviari

Soltanto a partire dalla fine degli anni trenta, con la costruzione della nuova Stazione Termini le mura entrarono a far parte della nuova Piazza dei Cinquecento e vennero finalmente valorizzate.
Oggi i resti delle Mura Serviane si trovano tra Piazza dei Cinquecento e il nuovo hotel NH Collection realizzato nell'edificio delle Poste della Stazione Termini.