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Busto di Guglielmo Riva


All'interno del Chiostro del Pozzo dell'Ospedale di Santo Spirito in Sassia, nel Rione Borgo, è presente il busto di Guglielmo Riva (Asti 1627-Roma 1667), medico che insegnò anatomia presso l'Ospedale di Santa Maria della Consolazione a Roma.

Capodanno 2020 a Roma - Cosa fare


Cosa fare a Capodanno 2020 a Roma? Sapete come festeggiare non solo l'arrivo del nuovo anno, ma anche l'inizio degli anni '20 del XXI Secolo? Ecco cosa offre la Capitale la sera del 31 Dicembre, per aspettare la Mezzanotte.

Gli eventi suddivisi per zona (secondo il criterio delle suddivisioni toponomastiche):

Rione Ripa:
La Festa di Roma - Circo Massimo. La quarta edizione della festa cittadina inizia nel cuore di Roma con un evento che vedrà protagonista Ascanio Celestini, a partire dalle 21. Dalle 22, invece, lo spettacolo aereo della compagnia Aerial Strada dal titolo Sylphes. Alle 22:55 ci sarà invece Carmen Consoli e alle 23:55 scatterà il conto alla rovescia per la mezzanotte. Dopo la mezzanotte toccherà alla rapper Priestess salire sul palco.

Zona Castel Porziano:
Capodanno a Cinecittà World - Il parco divertimenti sarà eccezionalmente aperto dalle 18 alle 6 di mattina dell'1 Gennaio.

Diverse zone:
Tutti i cinema del circuito The Space proietteranno a partire dalle ore 00.05 il nuovo film di Checco Zalone "Tolo Tolo".

Fontana Celimontana


La Fontana Celimontana si trova in Via Annia, nel Rione Celio
Essa venne realizzata per volontà del Papa Beato Pio IX Mastai Ferretti (1846-1878) dall'architetto Virginio Vespignani, e collocata originariamente presso la Chiesa di San Clemente.
Nel 1927, tuttavia, la fontana venne trasferita nella sede attuale, dove fu ricostruita con alcune piccole modifiche addossata al muro dell'Ospedale Militare del Celio.
La fontana è caratterizzata da una nicchia in laterizio inquadrata tra due pilastri in laterizio al vertice dei quali sono poste due sfere. Sulla parte superiore della nicchia, al centro affiancato da due delfini, c'è il simbolo del Comune di Roma, che si occupò di trasferire la fontana in questa sede.


Entro la nicchia, preceduta da alcuni gradini, è presente un antico sarcofago di marmo, risalente al I Secolo avanti Cristo, che riceve l'acqua da due teste di leone poste ai lati dello stemma Papale del Beato Pio IX. Sopra questa struttura, una piccola tazza produce uno zampillo.

Via Fratelli Cervi


Via Fratelli Cervi è una strada situata nella Zona Tor de' Cenci ed è compresa tra Via Vinicio Cortese e la stessa Via Fratelli Cervi. Venne istituita nel 1974 e, in linea con la toponomastica della zona che vede le strade dedicate a esponenti della Resistenza, venne dedicata ai Fratelli Cervi.
I fratelli Cervi si chiamavano Gelindo (1901-1943), Antenore (1906-1943), Aldo (1909-1943), Ferdinando (1911-1943), Agostino (1916-1943), Ovidio (1918-1943), Ettore (1921-1943), ed erano i figli di Alcide Cervi (1875-1970) e Genoveffa Cocconi (1876-1944), nonché fratelli di Diomira e Rina.
I sette fratelli, nati a Campegine, in provincia di Reggio Emilia, erano di idee cattoliche, democratiche ed antifasciste, ed aderirono alla Resistenza mettendo in piedi un proprio gruppo partigiano noto come "Banda Cervi".
Arrestati dalle truppe fasciste, il 28 Dicembre 1943 vennero fucilati insieme al partigiano Quarto Camurri a Reggio Emilia. La loro uccisione divenne un simbolo della Resistenza italiana, simbolo che fu incarnato dalla testimonianza del padre Alcide Cervi. Ai funerali di "Papà Cervi", come fu noto all'opinione pubblica Alcide Cervi, nel 1970 presero parte oltre 200.000 persone.

Monumento a Nicola Spedalieri



Il monumento all'Abate Nicola Spedalieri si trova in Piazza Sforza Cesarini, nel Rione Ponte.
Nel 1889 fu creato il Comitato Nazionale esecutivo per l'erezione di un monumento allo Spedalieri per il centenario della sua morte, presieduto dall'avvocato Giuseppe Cimbali.


Fu però con l'elezione di Crispi a capo del governo, nel 1893, che comitato fu in grado di bandire un concorso nazionale nel 1894.
Tuttavia il concorso per la realizzazione di una statua su basamento, dal costo di dodicimila lire, non selezionò alcuno dei ventiquattro bozzetti presentati. Soltanto nel 1895 fu finalmente bandito un secondo concorso, vinto dal palermitano Mario Rutelli.

Il bozzetto vincitore di Mario Rutelli

Presto sorsero però varie polemiche tra i fautori del monumento e i denigratori, tra cui si annoveravano gli esponenti della massoneria, che vedevano nello Spedalieri,  sempre un esponente del clero, anche se illuminato.
La statua fu fusa tra il 1898 e il 1900 nella fonderia romana del Rutelli.
Inoltre si doveva decidere dove erigere il monumento, sul Giardino del Quirinale andava il Monumento a Carlo Alberto, furono poi scartate Piazza della Libertà e Piazza Pia, infine venne scelta, nel 1901, la piazzetta accanto a Sant'Andrea della Valle.
Fu così che nel settembre 1903 il monumento era stato eretto, in Piazza Vidoni, ma non poteva essere inaugurato senza la risoluzione dei contrasti insorti nell'ambiente politico romano.

L'inaugurazione notturna della statua in una copertina della Domenica del Corriere

Alla fine la questura fece rimuovere le impalcature attorno alla statua nella notte del 23 novembre 1903, nel più assoluto riserbo.

Foto da L'Illustrazione Italiana del 1903

La statua è alta quattro metri e cinquanta centimetri, pesa quattro tonnellate ed è interamente in bronzo, lo Spedalieri è rappresentato in abiti settecenteschi, e sostiene nella mano sinistra il volume "diritti dell'uomo", da lui scritto nel 1791.
Il grande piedistallo è in granito rosso, poggiante su gradini, e sul fronte principale è presente la scritta LA NUOVA ITALIA A NICOLA SPEDALIERI MCMIII.

La statua in Piazza Vidoni

Nel 1927 per esigenze di traffico il Governatorato decise di spostare il monumento in Piazza Sforza Cesarini, al posto della statua a Terenzio Mamiani.

Il Cottìo


Il Cottìo era la tradizionale vendita del pesce che si svolgeva a Roma la notte dell'antivigilia di Natale in vista del cenone della Vigilia. Tale tradizione risale ai tempi dello Stato Pontificio, e deve il suo nome al termine latino medievale coctigium. E' legata al fatto che la tradizione vuole che alla vigilia di Natale si ceni di magro e, per questa ragione, i Romani si recavano ad acquistare il pesce la notte del 23 Dicembre presso il tradizionale cottìo.

I Romani si recavano dunque in massa presso il principale mercato del pesce della città, che per secoli fu quello del Portico d'Ottavia, dove acquistavano il pesce da consumare la sera successiva. In anni in cui non esistevano i moderni frigoriferi, il pesce fresco era un privilegio di poche persone, e la maggior parte dei Romani acquistava quello conservato. Il cottìo, in ogni caso, era un momento che univa tutti i cittadini, e vi si riversavano popolani, rappresentanti dell'alta società, ogni classe sociale, che iniziavano contrattazioni in cui si usava un gergo particolare che solo i cottìatori, come si chiamavano i venditori del mercato, erano in grado di comprendere.

Gli acquisti di pesce proseguivano tutta la notte fino all'alba, quando il pesce rimasto veniva messo all'asta.

La tradizione del cottìo proseguì anche quando Papa Pio VII Chiaramonti trasferì il mercato del pesce in Via delle Coppelle, così come quando dopo l'Unità d'Italia si trasferì a San Teodoro. Nel 1927, invece, venne assorbito dai Mercati Generali.

Targa in memoria del restauro delle Catacombe di Priscilla e della Beatificazione di San Claudio de la Colombiere ad opera di Papa Pio XI


La targa in questione si trova presso la Casa delle Oblate delle Catacombe di Priscilla, situata nella parte di Via Salaria compresa nel Quartiere Trieste, e ricorda il restauro di tali catacombe avvenuto sotto Papa Pio XI Ratti (1922-1939) e la Beatificazione di San Claudio de la Colombiere, avvenuta nel 1929. Nel 1992 venne proclamato Santo.

Targa in memoria di Monsignor Giulio Belvederi e della visita di San Giovanni XXIII


La targa in questione si trova nella Casa delle Oblate Benedettine presso le Catacombe di Priscilla, nella parte di Via Salaria compresa nel Quartiere Trieste, e ricorda Monsignor Giulio Belvederi (Bologna 1882-Roma 1959), primo Segretario del Pontificio Istituto di Archeologia Sacra, che qui morì nel 1959, e ricorda anche la visita che Papa Giovanni XXIII Roncalli (1958-1963) fece al Belvederi il 9 Settembre 1959, mentre quest'ultimo giaceva infermo.

Fustuarium


Il Fustuarium era una forma di punizione militare usata come esecuzione capitale all'epoca dell'Antica Roma. La parola deriva dal latino fustis, termine che designa un fascio di bastoni. Come è noto, all'epoca, la disciplina militare era ferrea e le sue trasgressioni erano punite spesso con severe punizioni corporali o con la morte, il cui più noto esempio è forse la decimazione. Questo accadeva proprio per evitare che un episodio di negligenza potesse compromettere il funzionamento di un intero corpo militare, e la punizione serviva perciò da monito verso gli altri soldati.
Il fustuarium, nello specifico, consisteva nel far passare il condannato, una volta denudato, in mezzo a due file di commilitoni che lo avrebbero dovuto bastonare fino alla morte.
La punizione era applicata soprattutto verso i disertori, ma anche verso gli autori di furti all'interno dell'accampamento, di falsa testimonianza e coloro che avessero compiuto la stessa infrazione per tre volte. Lo storico greco Polibio, inoltre, riporta che era talvolta usato contro gli omosessuali. Nell'Antica Roma, infatti, l'omosessualità era generalmente accettata, ma solo in forma attiva era considerata compatibile con la mascolinità. Nell'esercito, un atto sessuale passivo per un uomo era assimilato alla sconfitta (lo stupro verso i soldati sconfitti era una pratica di cui si hanno diverse testimonianze come forma di umiliazione post-bellica), e praticarla era visto come qualcosa che potesse rendere vulnerabile il corpo di un soldato: chi avesse acconsentito a tali atti, rischiava perciò di incorrere in una punizione.
Polibio cita tale punizione nel VI Libro delle Storie con il termine greco ξυλοκοπία, parola che richiama appunto i legni e i bastoni (ξυλοκόπος in greco significa boscaiolo, per intenderci): questo ha portato perciò alcuni traduttori di questo autore a tradurre la parola con bastinado, che tuttavia è una punizione differente che ha in comune col fustuarium di avere a che fare con la bastonatura. Il bastinado, infatti, consiste nel colpire con un bastone, una canna o una verga le piante dei piedi scalzi di chi la subisce e, fatto non secondario, diversamente dal fustuarium non ha come fine l'uccisione della persona che lo subisce. Questo chiarimento è necessario per il fatto che spesso, soprattutto in testi in lingua inglese, il fustuarium viene citato come bastinado, fatto che ha contribuito a creare una confusione tra queste due punizioni corporali.
Importante menzione il fatto - tipico di molte punizioni corporali romane - che il condannato al fustuarium veniva denudato: diversamente dall'Antica Grecia, nella Roma Antica il vestiario costituiva un segno distintivo del proprio stato sociale. Essere denudati rappresentava una forma di umiliazione perché privava il condannato del proprio status, per questo esso si verificava spesso nelle punizioni militari.
Non sappiamo quando questo tipo di punizione sia stato adottato dall'esercito romano, ma le Storie di Polibio fanno riferimento al III-II Secolo avanti Cristo, e per questo sappiamo che a quel tempo era usato. Tale punizione militare venne, con alcune varianti, riutilizzata anche da eserciti esistiti nei secoli successivi all'Antica Roma.

Fustuarium


The Fustuarium was a form of military punishment used as a capital execution at the time of Ancient Rome. The word derives from the Latin fustis, a term that designates a bundle of sticks. As is known, at the time, military discipline was iron and its transgressions were often punished with severe corporal punishment or with death, the best known example of which is perhaps decimation.

This happened precisely to avoid that an episode of negligence could compromise the functioning of an entire military corps, and the punishment therefore served as a warning to the other soldiers. The fustuarium, specifically, consisted in passing the condemned man, once naked, in the midst of two rows of fellow soldiers who were supposed to beat him to death. The punishment was applied above all to the deserters, but also to the perpetrators of theft inside the camp, of false testimony and those who had committed the same offense three times.

The Greek historian Polybius also reports that it was sometimes used against homosexuals. In Ancient Rome, in fact, homosexuality was generally accepted, but only in active form was it considered compatible with masculinity. In the army, a passive sexual act for a man was assimilated to defeat (rape against defeated soldiers was a practice of which there are several evidences as a form of post-war humiliation), and practicing it was seen as something that could make it vulnerable the body of a soldier: whoever had consented to such acts, therefore risked incurring a punishment.
Polybius cites this punishment in the VI Book of Stories with the Greek term ξυλοκοπία, a word that refers precisely to woods and sticks (ξυλοκόπος in Greek means lumberjack, so to speak): this has therefore led some translators of this author to translate the word with bastinado, which, however, is a different punishment that has in common with the fustuarium of having to do with clubbing. The bastinado, in fact, consists in beating the soles of the bare feet of those who suffer them with a stick, a cane or a rod and, not secondary, unlike the fustuarium, it does not aim to kill the person who suffers it.

An important mention is the fact - typical of many Roman corporal punishment - that the condemned to the fustuarium was stripped naked: unlike Ancient Greece, in Ancient Rome clothing was a distinctive sign of one's social status. Being naked was a form of humiliation because it deprived the condemned of his status, which is why it often occurred in military punishment.

This clarification is necessary because the fustuarium is often referred to as bastinado, especially in English texts, which has contributed to the confusion between these two corporal punishment. We do not know when this type of punishment was adopted by the Roman army, but the Stories of Polybius refer to the III-II Century before Christ, and for this we know that it was used at that time. This military punishment was, with some variations, also reused by armies that existed in the centuries following Ancient Rome.

Progetto di metropolitana di Roma di Lorenzo Allievi (1883)


Nel 1883 Roma era da appena 13 anni stata annessa al Regno d'Italia e ne era divenuta capitale. In quegli anni, la città iniziò a dotarsi di una nuova struttura amministrativa che portò a una sua espansione a livello urbanistico, con migliaia di persone che vi si stabilirono per lavorare ai nuovi apparati che andavano via via a insediarvisi e a cogliere le nuove opportunità lavorative che ciò comportava. Questi fattori, che portarono alla realizzazione già in quegli anni dei nuovi rioni dell'Esquilino e di Prati, portò a nuove esigenze per Roma e per i Romani anche dal punto di vista dei trasporti.
Venti anni prima del 1883, nel 1863, Londra era stata la prima città al mondo ad aprire una linea ferroviaria metropolitana, con ampi tratti sotterranei: si trattava di una soluzione nuova per l'epoca, che permetteva ai passeggeri di muoversi rapidamente all'interno della città, ma anche a chi proveniva dalla provincia di poter raggiungere Roma e i suoi diversi quartieri in maniera più facile.
Oltre a questo, una ferrovia interna avrebbe contribuito a migliorare la difendibilità di Roma, rendendone più facile l'approvvigionamento: erano anni in cui il governo si preoccupò molto di questo aspetto, tanto che venne realizzato un sistema di forti e batterie intorno alla Capitale.
Erano però anni in cui progetti come questo erano ritenuti molto audaci, e questo vale ancora di più per una città le cui dimensioni erano più ridotte rispetto ad altre capitali europee.
Già negli anni '70 del XIX Secolo, l'ingegnere Francesco Degli Abbati ipotizzò una ferrovia urbana con una stazione al Pincio, da cui poi il tracciato avrebbe proseguito verso il nuovo quartiere Macao, l'attuale Rione Castro Pretorio.
Nel 1883, tale progetto viene ripreso e sviluppato dall'ingegnere Lorenzo Allievi, che progetta una vera e propria ferrovia urbana, una moderna metropolitana, per Roma, che illustrerà in un volume del 1885 intitolato, appunto, La metropolitana di Roma. Per questo, Allievi si rifece in parte al progetto di Degli Abbati e riprese anche alcune delle idee di Federico Gabelli, che già aveva pensato a una ferrovia metropolitana a Roma.
Nel progetto di Allievi, sarebbe dovuta essere costruita una stazione presso il Circo Massimo, in corrispondenza con l'attuale Piazza di Porta Capena, dove sarebbero dovuti convogliare anche i treni per i Castelli, costituendo così un nodo di scambio. Da qui, la ferrovia avrebbe dovuto seguire una strada sotterranea rettilinea che da Via di San Sebastiano avrebbe dovuto raggiungere Porta Metronia, riprendendo il tracciato della Linea di Trastevere, per uscire quindi fuori le Mura Aureliane e proseguire lungo l'asse dell'attuale Via Sannio.
Uscendo per un breve tratto in superficie, la linea sarebbe dovuta rientrare entro le Mura Aureliane sfruttando il passaggio di Porta Asinaria, dove avrebbe dovuto intercettare la linea Roma-Marino-Albano, per poi tornare nuovamente in una sede sotterranea lungo Via Emanuele Filiberto dove, all'angolo con Viale Manzoni, sarebbe dovuta essere costruita la stazione Via Labicana.
Virando poi su Viale Manzoni, da cui la ferrovia avrebbe dovuto seguire un percorso in salita per tornare in superficie, intersecando il tram per Tivoli presso Santa Croce in Gerusalemme.

Il progetto per la stazione della metropolitana Castro Pretorio
Questo tratto venne pensato per essere in trincea per evitare di danneggiare le fognature appena costruite per i nuovi Rioni Esquilino e Castro Pretorio. La ferrovia, infatti, avrebbe attraversato tramite una galleria i binari della Stazione Termini, giungendo a Porta San Lorenzo, quindi costeggiato le Mura Aureliane fino al Castro Pretorio, dove sarebbe dovuta essere costruita una stazione con questo nome, per poi tornare in una sede sotterranea.

Il progetto per la stazione Orti Sallustiani

Dopo aver attraversato sotto terra la Nomentana, la ferrovia sarebbe passata in trincea per tornare entro le Mura Aureliane tra Porta Pia e Porta Salaria e, quindi, nuovamente proseguire sottoterra verso il cosiddetto Quartiere Spithover, dove ora sorge il Rione Sallustiano.
Stando alla mappa del progetto del 1883, che fotografa la città come si presentava al momento e prende come riferimento per lo sviluppo a breve termine il Piano Viviani dello stesso anno, la ferrovia avrebbe lambito la zona del Ministero delle Finanze per addentrarsi nell'area dove sarebbe di lì a poco, ma al di fuori del piano, sorto il Rione Ludovisi. In ogni caso è proprio presso il Quartiere Spithover che si sarebbe dovuta realizzare un'altra stazione, denominata Orti Sallustiani, in prossimità della strada che nel 1884 prese il nome di Via Quintino Sella.
 
Il progetto della stazione Pincio

Il tracciato sarebbe poi proseguito sotto Villa Ludovisi, che, secondo il Piano Viviani, sarebbe dovuta rimanere intatta, ma la cui area venne invece lottizzata, per virare dietro Trinità dei Monti con un tratto in superficie e raggiungere il Pincio, dove un'altra fermata sarebbe dovuta sorgere lungo Viale Trinità dei Monti.
Dopo un tratto parallelo al muraglione del Pincio, la ferrovia avrebbe superato le Mura con un cavalcavia che avrebbe costeggiato Piazzale Flaminio, dove sorgevano un numero ridotto di edifici, anche perché il Quartiere Flaminio non era stato ancora pianificato, attraversato un breve tratto dei Monti Parioli e superato la Flaminia per poi oltrepassare il Tevere.

Una vecchia immagine dell'Oberbaumbrucke di Berlino, preso ad esempio per l'attraversamento ferroviario del Tevere
Per quanto riguarda l'attraversamento del Fiume, fu preso a modello l'Oberbaumbrucke di Berlino, dove si stava  costrendo la ferrovia proprio in quegli anni, la metropolitana di Berlino aprirà poi nel 1902, ovvero un ponte che avrebbe compreso uno spazio per esercizi commerciali di fianco alla ferrovia.

Il progetto di stazione ai Prati di Castello
Una volta varcato il Tevere, la ferrovia si sarebbe conclusa presso una stazione nel Rione Prati.
Questa stazione si sarebbe collegata alla ferrovia Roma-Viterbo, all'epoca, inoltre, era attiva una ferrovia che arrivava proprio in quest'area ed era collegata alle cave della Giustiniana, da cui provenivano materiali per la costruzione del Rione Prati. Altre fonti parlano invece di una ferrovia che, seguendo il lungotevere, arrivasse ad attestarsi a una stazione presso Castel Sant'Angelo.
La mappa della ferrovia urbana, in cima a quest'articolo, mostra anche come fosse stato pensato anche un possibile prolungamento della linea, che sarebbe potuta diventare circolare attraverso un proseguimento da Prati attraverso Trastevere che si sarebbe congiunto poi al Circo Massimo.
La linea sarebbe dovuta essere lunga in tutto 8,5 chilometri e sarebbe costata 12 milioni di lire dell'epoca, elargite dallo stato e da eventuali investitori privati. Un problema per le primissime metropolitane era quello del fumo dei treni, che rischiava di diffondersi nelle città: per questa ragione era stato pensato l'utilizzo di locomotive Honigmann a rigenerazione elettrica.
Come ben sappiamo, però, il progetto di Allievi non ebbe realizzazione, ma progetti di una ferrovia urbana a Roma proseguirono per decenni: nel 1917 iniziarono i lavori per la Ferrovia Roma-Lido, che venne terminata l'anno successivo.
Negli anni '30 iniziarono i lavori per una linea metropolitana tra la Stazione Termini e il Quartiere dell'Esposizione, che sarebbe stata conclusa nel 1950, divenendo il primo troncone dell'attuale Linea B.


Ma cosa rimane, oggi, della linea pensata da Lorenzo Allievi? Se, come nella mappa qui allegata, prendiamo in esame l'attuale sistema della metropolitana del centro di Roma, vediamo come il tracciato pensato dall'ingegnere milanese non è poi così diverso da quello dell'attuale Linea A: le principali differenze sono un giro più largo rispetto alla Stazione Termini e il fatto che fuori da Porta San Giovanni viri in maniera netta, con un tragitto molto simile però a quello di prossima apertura della Linea C tra le stazioni San Giovanni e Amba Aradam-Ipponio.

Busto di Vincenzo Sartori


All'interno del Chiostro del Pozzo dell'Ospedale di Santo Spirito in Sassia, nel Rione Borgo, è presente il busto di Vincenzo Sartori, medico morto nel 1876 che fu primario di Chirurgia presso l'Ospedale di Santa Maria della Consolazione a Roma.

Riunione del Fascio di Roma dell'11 Maggio 1919

Il manifesto dei Fasci Italiani di Combattimento, pubblicato nel 1919 sul Popolo d'Italia
Il movimento dei Fasci italiani di combattimento venne fondato a Milano il 23 Marzo del 1919 su iniziativa di Benito Mussolini, all'epoca ex socialista che aveva rotto col suo vecchio partito relativamente all'intervento italiano nella Prima Guerra Mondiale (i socialisti, infatti, sposarono in gran parte una linea neutralista). Questa nuova formazione rimase in vita fino al 1921, quando si trasformò nel Partito Nazionale Fascista, ed ebbe una linea politica diversa da quella che caratterizzò successivamente il regime fascista dopo la presa del potere. La linea dei Fasci italiani di combattimento potremmo definirla, in termini molto semplicistici, più "di sinistra" rispetto a quella adottata successivamente, in cui prendono piede maggiori posizioni conservatrici. Tra i fascisti della prima ora, infatti, ci sono molti ex socialisti, tra cui lo stesso Mussolini, ex anarchici ed ex sindacalisti rivoluzionari e repubblicani, e seppur anti-socialista la prima linea del partito ha forti elementi di carattere rivoluzionario.


Il simbolo dei Fasci italiani di combattimento

Un'altra caratteristica del fascismo sansepolcrista è quella di essere nel suo primo periodo un fenomeno diffuso prevalentemente al nord, non a caso alle elezioni del 1919 presentò le proprie liste solo nel collegio di Milano (il sistema elettorale dell'epoca era un proporzionale su 54 collegi locali).

A Roma, nel 1919, i Fasci italiani del combattimento, l'antenato di un partito che di lì a poco avrebbe preso il potere marciando proprio su Roma, e che la stessa Roma avrebbe mitizzato nella sua retorica e propaganda, era ancora un fenomeno marginale. In questo senso, è molto esplicativa una delle primissime riunioni del fascio romano, svoltasi l'11 Maggio 1919 e di cui si conosce lo svolgimento grazie a un rapporto di polizia.

Questa riunione ci racconta molto di come il primissimo fascismo iniziò a muoversi a Roma e di quanto diverso fosse, originariamente, l'orientamento politico di questo fenomeno politico.

Intanto, i Fasci di combattimento erano appena nati e, come abbiamo detto, erano un fenomeno principalmente milanese: per questo, a Roma, non avevano una sede e la riunione dell'11 Maggio 1919 si tenne presso il Circolo "Giuseppe Garibaldi" del Partito Repubblicano Italiano in Via Cavour 341. Il Partito Repubblicano, all'epoca, poteva essere considerato senza problemi un partito di sinistra (nella Prima Repubblica ha assunto connotazioni nel tempo più moderate, e nella Seconda Repubblica ha anche stretto in diverse occasioni accordi con il centrodestra che hanno causato anche scissioni da parte di alcuni membri), e questo contribuisce a mostrare come i Fasci di combattimento fossero considerati, almeno in tale contesto, un fenomeno più affine alla sinistra che alla destra.

Oggi non è facile individuare di preciso dove si trovasse questo circolo: lo sventramento di Via dell'Impero (oggi Via del Fori Imperiali), che sorte vuole è stato effettuato proprio sotto il fascismo, ha portato al cambio di numerazione della strada nel tratto più a valle. Alcune fonti parlano di questa sezione come in Piazza delle Carrette, oggi assorbita da Largo Corrado Ricci, e potremmo pensare quindi che si trovasse dove oggi c'è il ristorante Massenzio.

Da quanto sappiamo, la riunione non fu particolarmente frequentata: nel verbale è segnalata tra gli altri la presenza di un tale pittore Vannicelli e di un Capitano De Martino, di cui non conosciamo altro. Si sa invece qualcosa in più di Orazio Maria Zunica, Principe di Cassano, un nobile meridionale che, per ragioni di età, non prese parte alla Prima Guerra Mondiale e perciò abbastanza in contrasto con il reducismo che caratterizzò il primissimo fascismo. Si sa poco anche di una possibile militanza dello Zunica oltre questa riunione: il principe morì poi alcuni anni dopo, nel 1926.

Alla poca quanto eterogenea partecipazione si aggiunge una sostanziale inconcludenza dell'azione politica: tutti i partecipanti protestarono per l'atteggiamento degli Alleati dell'Italia verso il nostro Paese nelle conferenze di pace post-belliche, senza tuttavia proporre nessuna azione di risposta o di protesta concreta. Da queste notizie emerge un panorama confuso, eterogeneo e poco organizzato che caratterizza i primissimi passi del fascio romano, che forse anche per questo non godette di un particolare sostegno nel periodo sansepolcrista.

Il fascio romano aveva inoltre circa 300 iscritti, ma non dovevano essere molto partecipi. Il 26 Maggio 1919, appena due settimane dopo la sopracitata riunione, si tennero le elezioni per gli organi interni che non furono ritenute valide: votarono solamente 40 persone.

Monumento Equestre a Carlo Alberto di Savoia



Il Monumento a Carlo Alberto di Savoia Carignano si trova nel giardino Carlo Alberto, sul Quirinale, nel Rione Monti.
Nel 1898, in occasione del centenario della nascita del sovrano fu indetto un concorso per la realizzazione di una statua equestre.
Il vincitore risultò essere lo scultore Raffaele Romanelli, che realizzò la fusione in bronzo il 1899 nella fonderia Lippi di Pistoia.

Raffigurazione della battaglia di Goito del 1848

Il basamento, in granito rosa, fu decorato da pannelli in bronzo raffiguranti La battaglia di Goito del 1849 e l'abdicazione di Carlo Alberto dopo la sconfitta di Custoza, in favore del figlio Vittorio Emanuele.

Carlo Alberto abdica al trono
Sul fronte anteriore si trova il bassorilievo di una grande aquila in bronzo, sormontata dallz corona reale, che sostiene uno scudo sabaudo.


Sul versante posteriore del basamento  invece è posta una lupa capitolina sovrastata dalla scritta SPQR.


La mattina 14 Marzo 1900, compleanno di Umberto I, i sovrani inaugurarono solennemente la statua, alla presenza di rappresentanti della Giunta Comunale, del Parlamento e dei diplomatici di Russia ed Austria. L'avvocato Quirico, presidente del comitato promotore fece un discorso in cui celebrò "Il pensiero e il proposito generoso della rivendicazione nazionale" del re, raffigurati dal Romanelli.


La grande statua rappresenta il sovrano, in uniforme militare, che sprona il cavallo alla corsa, incurvando la testa in avanti.

Le statue e i monumenti del Quartiere Flaminio

A seguire un elenco in ordine alfabetico relativo alle statue e i monumenti presenti nel Quartiere Flaminio.

- Monumento a Giacomo Matteotti, in Lungotevere Arnaldo da Brescia
- Monumento a Giacomo Matteotti, in Lungotevere Arnaldo da Brescia

Ristoranti nel Quartiere Portuense

A seguire una lista di ristoranti situati nel Quartiere Portuense elencati in ordine alfabetico.

Il Mare di Terracina, Via Gerolamo Cardano 172-174

Ristoranti nel Rione Pigna

A seguire una lista di ristoranti situati nel Rione Pigna elencati in ordine alfabetico.

Enoteca Corsi, Via del Gesù 87/88

Ristoranti nel Quartiere Ostiense

A seguire una lista di ristoranti situati nel Quartiere Ostiense elencati in ordine alfabetico.

Il Girasole, Via Rosa Raimondi Garibaldi 26/28
Taberna Persiana, Via Ostiense 36H

Palazzetto di Tizio di Spoleto


Il Palazzetto di Tizio di Spoleto si trova in Piazza di Sant'Eustachio, nel Rione Sant'Eustachio.
Si tratta di un caratteristico palazzetto risalente al XVI Secolo, e venne appunto costruito per  Tizio di Spoleto, maestro di Camera del Cardinale Alessandro Farnese.
L'elegante edificio è caratterizzato da decorazioni tipicamente manieriste e soprattutta da una pregevole facciata dipinta, una delle prime opere romane del pittore Taddeo Zuccari.
Sulla facciata è presente, fra i vari emblemi araldici, un grande stemma di Papa Pio IV Medici, che ci permette di datare l'opera intorno al 1560.

Palazzina Nebbiosi


La Palazzina Nebbiosi si trova in Lungotevere Arnaldo da Brescia, nel Quartiere Flaminio.
L'edificio venne costruito tra il 1928 e il 1932 per la società di costruzioni Nervi e Nebbiosi dall'architetto Giuseppe Capponi, tanto che a volte è identificata come palazzina Capponi, nel lotto di terreno adiacente alla Villa Ravà delle Rose.
Nella casa abitò ed ebbe lo studio il grande ingegnere Pier Luigi Nervi.
L'edificio rappresenta secondo molti un punto di svolta per l'architettura romana, dal momento che Capponi, un architetto morto molto giovane ma che ha saputo portare avanti un singolare e caratteristico registro stilistico, tocca secondo molti un punto d'incontro tra due diversi registri stilistici dell'architettura romana tra le due guerre, quello della tradizione di stampo barocco e quello dell'innovativo razionalismo.


A riguardo, l'architetto Paolo Portoghesi ha definito la Palazzina Nebbiosi come un'opera che "segna il passaggio dalla fase aulica e quella razionalista" dell'architettura del tempo, con riferimenti ai casini di caccia di epoca barocca ma al tempo stesso tiene ben presente la ricerca espressiva di quegli anni in cui il razionalismo stava iniziando a prendere piede.


Le linee razionaliste nella palazzina Nebbiosi dialogano dunque con la storia e l'identità di Roma, coniugandosi singolarmente nel contesto urbano e proiettandosi verso il futuro: un fatto che nell'opera di Capponi non deve stupire.
Egli, infatti, aveva fatto approfonditi studi per case di pescatori nell'isola di Capri, in cui le abitazioni si andavano a inserire nel singolare e caratteristico contesto isolato. In un contesto dalla storia diversa come quello di Roma, che in quegli anni vedeva un particolare fermento architettonico, Capponi trova in questa palazzina un punto d'incontro tra le forme storiche della città e l'elaborazione razionalista. Negli anni a venire, Capponi sarà impegnato alla Sapienza, dove nell'edficio dell'Istituto di Botanica sposerà in maniera più chiara le forme razionaliste.

La facciata laterale della palazzina

Le quattro facciate dell'edificio, che si sviluppano su quattro piani, lo avvicinano al modello dei casini di caccia seicenteschi, caratterizzate da scanalature semicircolari centrali che danno movimento alla composizione, con l'assenza del cortile centrale. Al tempo stesso, sono eliminati completamente gli elementi decorativi nelle facciate, che vengono rivestite in semplice travertino, sposando così la linea stilistica razionalista. Lungo la perte concava si sviluppa un attico decorato da finestre semicircolari.


Altri siti che ne parlano:
- Il tema della palazzina - in Accademia di San Luca
- Palazzina Nebbiosi - in Hidden Architecture

Via Francesco Saverio Solari


Via Francesco Saverio Solari è una strada del Quartiere Portuense, compresa tra Largo Guglielmo Mengarini e Via di Vigna Jacobini. Originariamente, tale strada era chiamata Vicolo di Vigna Jacobini, dalla vigna che sorgeva in quest'area.
Nel 1970, per evitare l'omonimia con la limitrofa ed ancora esistente Via di Vigna Jacobini e perché, come si legge nella delibera, "non ha più le caratteristiche di un vicolo", il Comune di Roma decise di cambiare nome a questa strada, elevandola a via e dedicandola all'ingegnere e architetto Francesco Saverio Solari (1873-1942).
La strada incrocia Via di Vigna Jacobini all'altezza del luogo dove, nel 1998, crollò un edificio uccidendo 27 persone. Il fatto è ricordato con una targa su Via Solari.

Targa in memoria delle vittime del crollo di Via di Vigna Jacobini


La targa in questione si trova in Via Francesco Saverio Solari, quasi all'incrocio con Via di Vigna Jacobini, nel Quartiere Portuense, e ricorda le vittime del crollo di Via di Vigna Jacobini 65, avvenuto nel 1998.
Nella notte del 16 Dicembre 1998, lo stabile di Via di Vigna Jacobini 65 crollò, si scoprì più tardi per via di errori progettuali e uso di materiali di scarsa qualità, causando la morte di 27 persone.
Nella targa - posta dal Comune di Roma nel 2001 - non si fa esplicita menzione del crollo, ma sono elencati i nomi delle vittime della tragedia.

L'esplosione del Prenestino (1972)


Durante la notte dell'1 Dicembre 1972, poco dopo le 3 di notte, una forte esplosione sconvolse il Quartiere Prenestino-Labicano, nello specifico l'isolato all'angolo tra Via Prenestina e Largo Telese. L'esplosione danneggiò gravemente l'edificio e causò la morte di 15 persone e il ferimento di altre decine.

I vigili del fuoco raggiunsero rapidamente l'area, complice l'assenza di traffico in quell'orario, e notarono come gran parte della facciata dell'edificio fosse danneggiata, a partire dal pian terreno, dove i negozi erano completamente distrutti. La tragedia e il fuoco costrinsero i vigili del fuoco a mettere in salvo decine di persone e dispiegare sul posto un ampio numero di mezzi di soccorso. Almeno 120 persone furono messe in salvo.

A esplodere, causando la tragedia, fu un deposito illegale di materiale pirotecnico che si trovava in uno scantinato dell'edificio.

Busto di Pietro Lupi


All'interno del Chiostro del Pozzo dell'Ospedale di Santo Spirito in Sassia, nel Rione Borgo, è presente il busto di Pietro Lupi, medico vissuto tra il XVIII e il XIX Secolo.

Stele a Giacomo Matteotti


In Lungotevere Arnaldo da Brescia, nel Quartiere Flaminio, nel luogo in cui il parlamentare socialista Giacomo Matteotti venne prelevato da un gruppo di squadristi fascisti per essere ucciso il 10 Giugno 1924, sotto al grande monumento a Giacomo Matteotti, oltre a una serie di targhe che ricordano l'uomo politico c'è anche una semplice stele in granito rosso che lo ricorda.

Busto di Antonio Pacchioni


All'interno del complesso ospedaliero di Santo Spirito in Sassia, nel Rione Borgo, si trova, nel Chiostro del Pozzo, un busto raffigurante il medico Antonio Pacchioni (Reggio Emilia 1665 - Roma 1726).

Targa in memoria di Giacomo Matteotti 1999


La targa in questione si trova in Lungotevere Arnaldo da Brescia, ai piedi del Monumento a Matteotti, nel Quartiere Flaminio.
Ricorda il Parlamentare Socialista Giacomo Matteotti (Fratta Polesine 1885 - Roma 1924) nel luogo in cui venne rapito da un gruppo di squadristi che lo ha successivamente ucciso.


Vi è incisa la famosa frase pronunciata dall'onorevole "Uccidete me ma non ucciderete la mia idea". È stata posta nel 1999, nel Settantacinquesimo anniversario del rapimento.

Mappa di Vilnius (1934)

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La mappa in questione mostra la città di Vilnius, attuale capitale della Lituania, come si presentava nel 1934. Il nome della città è riportato nella mappa in polacco, "Wilno".

Mappa di Salonicco (1882)

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La mappa in questione mostra la città di Salonicco, in Grecia, come si presentava nel 1882. All'epoca la città faceva parte dell'Impero Ottomano.

Mappa di Sofia (1948)

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La mappa in questione mostra la città di Sofia, capitale della Bulgaria, come si presentava nel 1948.

Mappa di Londra Cruchley (1850)

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La mappa in questione - edita da Cruchley - mostra la città di Londra, capitale del Regno Unito, come si presentava nel 1850, mostrando un'estensione fuori dal comune per una città in quel periodo storico. La mappa è del Norman B. Leventhal Map Center, che l'ha messa a disposizione attraverso Wiki Commons.