La battaglia per Roma si svolse il 20 settembre del 1870 tra gli zuavi Pontifici, che difendevano la città, e i bersaglieri guidati da Raffaele Cadorna, decretò la fine dello Stato Pontificio e l'annessione di Roma al Regno d'Italia.
L'11 settembre era stato dato l'ordine d'attacco nei confronti dello Stato della Chiesa e i generali Bixio, Ferrero, Angioletti, Cosenz e Mazé de la Roche, con le loro cinque divisioni ne invasero i confini. I soldati pontifici non opposero grandi resistenze e si ritirarono dentro Civitavecchia e Roma.
Il 14 settembre, dopo aver conquistato il Lazio il grosso dell'esercito di Cadorna giunse alla Giustiniana, e fu raggiunto presto dalle truppe di Angioletti. Il giorno successivo venne diramata una lettera al generale Kanzler, che difendeva Roma, in cui si chiedeva la resa incondizionata della città, intanto i battaglioni si schieravano a Nord della città. Il Luogotenente generale Cadorna stabilì il comando a Casal de'Pazzi.
Il piano d'attacco di Cadorna prevedeva che le truppe dei generali Cosenz e Mazé, l'11° e 12° divisione, attaccassero a Nord, tra le Vie Flaminia e Nomentana, quelle di Ferrero, 13° divisione con le brigate Abruzzi e Cuneo, ad Est, tra Nomentana e Prenestina, Angioletti con la 9° divisione, brigate Savona e Pavia, avrebbe attaccato a Sud mentre Bixio, che veniva da Civitavecchia, avrebbe sferrato l'attacco verso Trastevere.
L'11 settembre era stato dato l'ordine d'attacco nei confronti dello Stato della Chiesa e i generali Bixio, Ferrero, Angioletti, Cosenz e Mazé de la Roche, con le loro cinque divisioni ne invasero i confini. I soldati pontifici non opposero grandi resistenze e si ritirarono dentro Civitavecchia e Roma.
Quadro di Salvatore Cammarano intitolato '19 settembre 1870' |
Il 14 settembre, dopo aver conquistato il Lazio il grosso dell'esercito di Cadorna giunse alla Giustiniana, e fu raggiunto presto dalle truppe di Angioletti. Il giorno successivo venne diramata una lettera al generale Kanzler, che difendeva Roma, in cui si chiedeva la resa incondizionata della città, intanto i battaglioni si schieravano a Nord della città. Il Luogotenente generale Cadorna stabilì il comando a Casal de'Pazzi.
Il piano d'attacco di Cadorna prevedeva che le truppe dei generali Cosenz e Mazé, l'11° e 12° divisione, attaccassero a Nord, tra le Vie Flaminia e Nomentana, quelle di Ferrero, 13° divisione con le brigate Abruzzi e Cuneo, ad Est, tra Nomentana e Prenestina, Angioletti con la 9° divisione, brigate Savona e Pavia, avrebbe attaccato a Sud mentre Bixio, che veniva da Civitavecchia, avrebbe sferrato l'attacco verso Trastevere.
La risposta di Kanzler al messaggio fu che avrebbe difeso la città con ogni mezzo.
Il 20 settembre le tre batterie d'artiglieria della 12° divisione furono posizionate a Nord di Villa Macciolini, le due dell'11° divisione ad Ovest della stessa Villa, il loro compito era di effettuare un tiro di disturbo per appoggiare l'assalto delle truppe.
Le tre batterie pesanti della riserva, 5°6° e 8°, comandate dal Maggiore Luigi Pelloux, invece, dovevano effettuare il tiro di breccia, ed erano poste a circa mille metri dalle mura, la 5°a Villa Albani e la 6° e l'8° a Villa Macciolini.
Alle cinque di mattina del 20 settembre iniziò il cannoneggiamento delle mura a Porta San Giovanni da parte delle batterie di artiglieria della 9° divisione, poste alla Cascina Matteis, poi furono attaccate da Ferrero Porta Maggiore e i Tre Archi della ferrovia verso Porta San Lorenzo. Contemporaneamente partì il bombardamento delle mura tra Salaria e Nomentana da parte delle batterie del 7° reggimento di artiglieria di Pisa e del 9° reggimento di artiglieria.
Il 20 settembre le tre batterie d'artiglieria della 12° divisione furono posizionate a Nord di Villa Macciolini, le due dell'11° divisione ad Ovest della stessa Villa, il loro compito era di effettuare un tiro di disturbo per appoggiare l'assalto delle truppe.
Le tre batterie pesanti della riserva, 5°6° e 8°, comandate dal Maggiore Luigi Pelloux, invece, dovevano effettuare il tiro di breccia, ed erano poste a circa mille metri dalle mura, la 5°a Villa Albani e la 6° e l'8° a Villa Macciolini.
L'attacco a Porta San Giovanni |
Alle cinque di mattina del 20 settembre iniziò il cannoneggiamento delle mura a Porta San Giovanni da parte delle batterie di artiglieria della 9° divisione, poste alla Cascina Matteis, poi furono attaccate da Ferrero Porta Maggiore e i Tre Archi della ferrovia verso Porta San Lorenzo. Contemporaneamente partì il bombardamento delle mura tra Salaria e Nomentana da parte delle batterie del 7° reggimento di artiglieria di Pisa e del 9° reggimento di artiglieria.
La 5° batteria, comandata dal capitano Giacomo Segre, posta sul terrapieno della Villa Torlonia, aprì il fuoco per prima.
Gli zuavi, appostati a Villa Patrizi e sulle Mura Aureliane, risposero colpendo furiosamente le batterie italiane, soprattutto quella di Segre, e Cosenz fu costretto a mandare i tiratori scelti del 39° fanteria e del 34° bersaglieri verso Villa Patrizi a distogliere il fuoco dei difensori dalle postazioni di artiglieria.
Le artiglierie della 2° divisione sotto il comando di Bixio cominciarono verso le 6.30 a bersagliare Porta San Pancrazio a Trastevere, i colpi risuonarono nei vetri delle finestre e delle logge del Vaticano, dove a quell'ora il Pontefice stava dicendo la messa.
Dopo quattro ore si aprì, verso le 9.15, un varco nelle mura a cinquanta metri da Porta Pia. Alle 9.35 i comandanti d'artiglieria decisero presto di concentrare il tiro in quel punto, dopo dieci minuti la breccia si era allargata arrivando ad avere circa trenta metri di ampiezza.
Gli zuavi, appostati a Villa Patrizi e sulle Mura Aureliane, risposero colpendo furiosamente le batterie italiane, soprattutto quella di Segre, e Cosenz fu costretto a mandare i tiratori scelti del 39° fanteria e del 34° bersaglieri verso Villa Patrizi a distogliere il fuoco dei difensori dalle postazioni di artiglieria.
Le artiglierie della 2° divisione sotto il comando di Bixio cominciarono verso le 6.30 a bersagliare Porta San Pancrazio a Trastevere, i colpi risuonarono nei vetri delle finestre e delle logge del Vaticano, dove a quell'ora il Pontefice stava dicendo la messa.
La breccia in una foto del 21 settembre |
Dopo quattro ore si aprì, verso le 9.15, un varco nelle mura a cinquanta metri da Porta Pia. Alle 9.35 i comandanti d'artiglieria decisero presto di concentrare il tiro in quel punto, dopo dieci minuti la breccia si era allargata arrivando ad avere circa trenta metri di ampiezza.
Pianta della posizione progressiva delle truppe, in rosso, blu e nero, con i numeri dei reggimenti, nell'attacco a Porta Pia |
A quel punto Cadorna ordinò l'attacco al 34° battaglione bersaglieri e al 19° reggimento fanteria, al 12° battaglione bersaglieri e 41° reggimento fanteria, guidati dal generale Cardichio, attraverso la Breccia, mentre il 39° e il 40° reggimento di fanteria, capeggiato dal Generale Angelino, entravano dentro Porta Pia.
Le truppe del 12° bersaglieri furono le prime a varcare la Breccia, nel giardino di Villa Bonaparte, dove fra gli alberi gli zuavi li bersagliavano di colpi, e procedettero all'occupazione progressiva della Villa. Il maggiore Giacomo Pagliari cadde colpito al petto, mentre ordinava l'attacco al suo battaglione di bersaglieri, il 34°.
Alle 10.00 sulle mura comparve la bandiera bianca, Pio IX infatti continuando a sentire lo sparo dei cannoni, e non riuscendo a contattare Kanzler, volle che non fosse sparso altro sangue e ordinò immediatamente alle truppe pontificie la resa, facendo issare sulla cupola di San Pietro la bandiera bianca, che venne replicata su tutte le porte della città.
Verso le 11.00 il Corpo diplomatico della Santa Sede, guidato dall'Arnim, raggiunse Cadorna a Villa Albani, per concordare l'orario della resa.
Alle 17.30 il generale Kanzler e il capo di Stato Maggiore Pontificio Fortunato Rivalta firmarono la capitolazione, alla presenza di Cadorna e del capo di Stato Maggiore Italiano Primrerano, a Villa Albani.
La presa di Roma costò al Regno d'Italia trentadue caduti, mentre quindici furono le perdite da parte pontificia. Una targa a Sant'Agnese fuori le mura ricorda i quattordici caduti nell'attacco a Porta Pia.
I danni maggiori furono riportati alla Porta Pia, furono colpite dalle artiglierie Italiane anche Porta San Giovanni e Porta San Pancrazio.
Leggi anche:
- I danni del bombardamento di Porta Pia
L'assalto alla Breccia in un dipinto dell'Ademollo del 1880, al centro il maggiore Pagliari ucciso da un proiettile |
La breccia di Porta Pia vista da Villa Patrizi |
Verso le 11.00 il Corpo diplomatico della Santa Sede, guidato dall'Arnim, raggiunse Cadorna a Villa Albani, per concordare l'orario della resa.
Alle 17.30 il generale Kanzler e il capo di Stato Maggiore Pontificio Fortunato Rivalta firmarono la capitolazione, alla presenza di Cadorna e del capo di Stato Maggiore Italiano Primrerano, a Villa Albani.
La presa di Roma costò al Regno d'Italia trentadue caduti, mentre quindici furono le perdite da parte pontificia. Una targa a Sant'Agnese fuori le mura ricorda i quattordici caduti nell'attacco a Porta Pia.
I danni maggiori furono riportati alla Porta Pia, furono colpite dalle artiglierie Italiane anche Porta San Giovanni e Porta San Pancrazio.
Porta San Pancrazio dopo il bombardamento del 20 settembre di Nino Bixio |
Porta San Giovanni con i segni dell'attacco |
Leggi anche:
- I danni del bombardamento di Porta Pia
Viva l'Italia unita, questo è fuor di dubbio, però dobbiamo riflettere sul fatto che prima del 20 settembre 1870 solo i barbari, i Normanni (vichinghi) di Roberto il Guiscardo e i Lanzichenecchi avevano osato offendere le mura di Roma.
RispondiEliminaSi
EliminaAnche il generale Oudinot nel 1849 bombardò le mura sul Gianicolo, su ordine del Papa Pio IX
EliminaBuongiorno, sono Gianni Bovini, un collaboratore dell'Istituto per la Storia dell'Umbria Contemporanea (https://isuc.alumbria.it/): per l'invito a un'iniziativa in programma per il prossimo 20 settembre sull'identità nazionale vorrei utilizzare una delle immagini sulla breccia di Porta Pia riprodotte in questo vostro sito: è possibile?
RispondiElimina