Giulio Magni era figlio dello storico dell'arte Basilio Magni, diplomatosi nel 1881 all'Accademia di Belle Arti di Roma, nel 1890 fondò l'Associazione Artistica fra i Cultori dell'Architettura.
Dopo essersi trasferito in Romania, per 10 anni, tornò a Roma nel 1904 realizzando alcuni tra i suoi maggiori progetti: il Villino Boni in via Aniene, la Facoltà Teologica Valdese, Villa Marignoli in via Po, il Villino Pacelli in via Aurelia, le case dell'Istituto Autonomo Case Popolari a Testaccio, Villa Almagià in via Scialoja, il Ministero della Marina, la Chiesa di Santa Maria Regina Pacis al Lido di Ostia.
Tra il 1911 e il 1913 pubblicò per le edizioni Crudo di Torino l'opera "Il barocco a Roma nell'architettura e scultura decorativa", divisa in tre volumi.
Il primo volume era intitolato Chiese, il secondo Palazzi, il terzo Fontane e Ville.
Gli scritti di critica, ispirati agli studi degli storici dell'arte di area tedesca Alois Riegl, Henrich Wölffin e Konrad Escher, ricalcavano l'importanza del repertorio barocco di forme, di archetipi e di modulazioni spaziali in riferimento della cultura del progetto contemporaneo.
I libri erano ricchi di fotografie di alta qualità degli edifici barocchi, curate dal fotografo Pompeo Sansaini.
L'opera ebbe un vasto successo nell'ambiente accademico Romano e contribuì a risvegliare le attenzioni per il barocco, periodo che era stato poco considerato fino a quel tempo preferendogli in architettura le più rigide e asciutte linee neorinascimentali.
Questa riscoperta portò poi alla comparsa dello stile definito "barocchetto romano", che ebbe una grande diffusione negli anni Venti a Roma e in provincia.
Architetti come Armando Brasini, Cesare Bazzani, Innocenzo Sabbatini, Marcello Piacentini, Camillo Palmierini, Giovanni Battista Milani, Carlo Broggi, Gustavo Giovannoni, furono molto influenzati da questa pubblicazione nelle loro opere Romane.
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