La Casa della Gioventù Italiana del Littorio (GIL) si trova in Largo Ascianghi, nel Rione Trastevere.
Essa risale al 1933, quando venne commissionata dall'Opera Nazionale Balilla (ONB) guidata da Renato Ricci all'architetto Luigi Moretti come Casa dei Balilla. Il progetto del giovane architetto ventiseienne si affermò subito come modello di riferimento per strutture di questo tipo e fu esposto nella sezione "Italia che si rinnova" della Mostra di Architettura Italiana alla V triennale del 1933. L'edificio venne inaugurato il 5 novembre 1937, divenendo ufficialmente "Casa della GIL".
La funzione originaria dell'edificio doveva essere quella di ospitare servizi di vario genere, da uffici di rappresentanza, a dopolavoro, ad attività sportive, ricreative e assistenziali. L'area prescelta fu quella dell'isolato stretto e lungo compreso tra Porta Portese, le Mura Gianicolensi e Viale Trastevere, al tempo ancora parzialmente sgombro e riempito proprio negli anni '30.
Pianta del pianterreno |
L'architetto Moretti decise di realizzare un edificio in innovative forme razionaliste, che si alternano tra solidi lineari ed altri sinuosi, soprattutto negli interni, organizzati senza grosse divisioni tra i diversi ambienti, dove è la luce naturale, proveniente dalle grandi vetrate e dai lucernari, a dominare lo spazio.
Il complesso risulta costituito da tre corpi distinti per forme, dimensioni e funzioni: quello quadrangolare, posto verso il palazzo preesistente di Viale Trastevere, ospita la piscina coperta, il refettorio, le aule e il cinema teatro, al centro è occupato da un cortile; il corpo centrale, alto e allungato, posto perpendicolarmente rispetto agli altri corpi, con la facciata ricurva verso Via Ascianghi, riservato alle tre palestre; infine il corpo di rappresentanza, culminante nella torre, dalle finestre a grandi vetrate, ospita il Salone d'Onore, l'Area Esposizioni, la Biblioteca e la Sala delle Riunioni.
La splendida scala elicoidale. |
Il genio di Moretti creò dunque un susseguirsi apparentemente disordinato e disinvolto di ambienti che ad un esame più approfondito risulta comunque ricco di citazioni tradizionali, si pensi alle tipologie architettoniche della torre, che rimanda al medioevo e del cortile interno, al rinascimento . É comunque molto insolita ed audace la scelta di posizionare le tre palestre, per puglilato e scherma, e le due palestre all'aperto, una sopra all'altra. Emblematica risulta anche la scala elicoidale che raccorda i vari piani a livello del corpo contenente le aule , essa è disegnata secondo una matrice logaritmica per cui i gradini hanno alzate decrescenti, per rendere meno faticosa la salita.
Un Balilla fa la guardia nel Salone d'Onore, si vede la parete, oggi perduta, in cui erano riportate alcune frasi dai discorsi di Mussolini (foto Roma Ieri Oggi). |
Varcato l'ingresso nella torre si raggiunge un vestibolo decorato con pavimento in marmo rosso dell'Amiata. Da quì si entra nel Salone d'Onore caratterizzato da sei grandi pilastri ricoperti di marmo statuario venato che si susseguono e poggiano su una scalinata di tre gradini di marmo bardiglio, oltre la scalinata gli stessi pilastri delimitano l'Area Esposizioni che si affaccia su Via Induno. Le pareti della sala terminano con una flessione verso le vetrate esterne dell'edificio, ed erano occupate da un grande affresco a tempera di Mario Mafai, eseguito tra 1936 e 1937. Il tema dell'affresco era il corteo trionfale di un imperatore romano reduce dalla vittoria, preceduto da cavalieri l'imperatore a cavallo era seguito da un gruppo di schiavi e prigionieri. La grande vetrata su Via Induno ne permetteva la vista dalla strada.
L'affresco di Mafai oggi irrimediabilmente danneggiato. |
Il Salone d'Onore sfocia in una serie di aperture che conducono alle palestre, al cinema teatro, e, tramite una scala di marmo bardiglio, ai piani superiori.
Sulla grande parete che delimita le palestre è collocata un' enorme rappresentazione in stucco dell'Africa del 1936 in cui vengono mostrate le conquiste coloniali italiane. La mappa è contornata superiormente da una frase famosa pronunciata da Mussolini durante la guerra d'Etiopia e lateralmente dle date delle battaglie vinte dagli Italiani, delle sanzioni e della proclamazione dell'Impero. Una grande M di Mussolini affianca la rappresentazione del corno d'Africa.
L'enorme scritta NOI TIREREMO DIRITTO incornicia superiormente la grande rappresentazione delle imprese coloniali Italiane. |
Dopo la prima rampa di scale si raggiunge il primo piano su cui si trova una balconata che si affaccia sullo scalone e sulla grande rappresentazione dell'Africa. La balconata è occupata da un grande doppio pilastro di marmo, al centro invece era posto un busto in bronzo di Mussolini dello scultore Massimo Spadini che dominava tutto l'ambiente e dialogava simbolicamente con la grande mappa delle conquiste coloniali.
Nel restauro del complesso iniziato nel 2005 si è deciso di riempire il vuoto lasciato dal busto di Mussolini affidando a Marcello Mondazzi la realizzazione di una scultura di forma sferica in metacrilato, che riequilibra sapientemente gli spazi dello scalone, l'opera si intitola 'forma quasi sferica'.
Lo scalone della GIL oggi dopo i restauri. |
La sala d'onore e delle memorie nel 1938, dalla grande porta si apriva il balcone che si affacciava sulla palestra sottostante. |
Gli altorilievi di Marco Aurelio, Claudio e Traiano. |
Busti di Cesare, Augusto e Vespasiano. |
La vasta palestra polivalente, di forma quadrangolare, era affiancata, dopo una rampa di scale su cui poggiavano pilastri doppi in marmo, alla palestra del pugilato e della scherma, che terminava invece con una parete ricurva, ed illuminava dalle grandi vetrate entrambi gli ambienti.
Nel dopoguerra le due palestre furono sfortunatamente divise da un muro e ancora oggi risulta compromesso l'ambiente originario.
Il soffitto della palestra è occupato da lucernari rotondi in vetrocemento traforati che ancora oggi sono in perfetto stato di conservazione.
La due palestre nell'aspetto originario del 1937. |
La palestra oggi, i pilastri sono stati tamponati da murature. |
Particolare dei lucernari sul soffitto della palestra. |
La piscina al coperto è illuminata da una grande vetrata che si affaccia sul cortile interno. Nella sala della voga adiacente erano presenti decorazioni ad encausto di nuotatori e nuotatrici realizzate da Orfeo Tamburi. La parete successivamente fu ricoperta di piastrelle che hanno compromesso il recupero degli affreschi.
La decorazione della sala della voga, posta accanto alla piscina. |
L'ultima struttura che componeva il variegato complesso era il cinema teatro, poi chiamato cinema Induno e successivamente Sala Troisi. La sala era disposta lungo Via Induno ed ospitava fino a 600 persone, il pavimento era in linoleum rosso, le poltrone di legno e sulle pareti il pittore Achille Capizzano aveva realizzato delle decorazioni a graffito di ispirazione ginnica. L'illuminazione è costituita da lucernari in vetrocemento. Un incendio nella sala cinematografica ha compromesso le decorazioni originali.
La torre della GIL nel 1938. |
La torre alta 30 metri, era chiamata Torre Littoria. Interamente rivestita di travertino, su di essa sono ancora visibili due scritte: sulla sommità "GIOVENTV ITALIANA DEL LITTORIO A XV", più in basso"NECESSARIO VINCERE PIV NECESSARIO COMBATTERE".
Sotto questa iscrizione si trova la grande apertura che dalla sala dell'arengario conduce all'arengario vero e proprio, da cui le autorità parlavano nelle cerimonie ufficiali. Sulla balconata in cemento armato il parapetto è costituito da tre aquile in bronzo, alternate a due fasci littori, rimosse nel dopoguerra e ricollocate dopo il restauro dopo essere state ritrovate negli scantinati.
Sulla sommità della torre Achille Capizzano eseguì le scritte in stucco inneggianti a Mussolini. L'iscrizione più grande era: XIV Benito Mussolini fonda l'Impero, poi una enorme M che poteva essere vista dal piano stradale. Negli anni questi stucchi si sono degradati sempre più andando perduti definitivamente.
La facciata lungo Via Induno è caratterizzata da una grande vetrata che si sviluppa sui cinque piani dell'edificio in un susseguirsi ininterrotto di finestre.
Particolare della facciata su Via Induno. |
Nel 1937 con l'edificazione dell'isolato (erano in corso d'opera anche i lavori del prospicente Dopolavoro dei Monopoli di Stato), il Governatorato di Roma tracciò la nuova Via Ascianghi, tra Via di Porta Portese e Viale Trastevere.
Le due palestre all'aperto sono state chiuse con tamponature. |
La facciata originale delle palestre all'aperto. |
Dopo la guerra, l'edificio cadde in disuso, nel 1952 il teatro fu trasformato in sala cinematografica e ceduto per 29 anni a privati. Nel 1969 parte dell'edificio fu concessa all'Opera Don Orione che trasformò le palestre, i corridoi ed i saloni in dormitori e aule per i ragazzi. Sia gli interni che gli esterni vennero in parte alterati: le palestre all'aperto furono chiuse con tamponature mentre il corpo di collegamento fu sopraelevato di due piani, all'interno vari tramezzi furono eretti per aumentare lo sfruttamento delle superfici interne. Tutti questi lavori resero irriconoscibile gli interni dell'edificio.
Nel 1976, per adibire alcune strutture di fronte all'ex Casa della GIL, Via Ascianghi venne chiusa ed il piccolo largo creatisi è stato nominato Largo Ascianghi.
Nel 1981, scaduta la convenzione con l'Opera Don Orione l'edificio fu abbandonato. Sorse presto un contenzioso legale tra l'opera assistenziale e le istituzioni pubbliche che si concluse con l'acquisizione dell'edificio da parte della Regione Lazio e del Comune di Roma.
Nel 1983 la Galleria d'Onore, la Torre e gli Uffici furono occupati dall'ente regionale ERFAP-Uil, mentre le attrezzature sportive furono trasformate dal Comune di Roma nel centro sportivo Roma Uno.
Il cinema entrò in possesso della Regione Lazio che lo diede in concessione, i lavori di ammodernamento causarono notevoli danni alle opere d'arte contenute nella sala.
Tra il 2005 ed il 2007 l'edificio ha subito un'opera di restauro filologico sia esterno che interno, in quest'occasione sono state demolite le superfetazioni interne ed esterne, sono anche ricomparsi i resti del grande affresco di Mafai che decorava l'Area Esposizioni.
Le murature esterne persero il colore rosso scuro che era stato dato negli anni sessanta per assumere il bianco originale degli anni trenta.
In seguito a un successivo restauro, nel 2017 l'edificio è diventato WeGil, uno spazio per eventi gestito dalla Regione Lazio.
La grande carta geografica fu coperta da un drappo rosso negli anni ottanta, quando ospitava gli uffici dell'ERFAP-Uil. |
nell'atrio c'è un mosaico chi è l'autore?
RispondiEliminaGrazie!!!!!!!!!! Grande Roma ❤
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