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Codex Fori Mussolini



Il 31 Agosto 2016 è stata diffusa la notizia che all'interno del basamento dell'Obelisco del Foro Italico, noto anche con il suo nome originario di Stele Mussolini, situato nel Quartiere Della Vittoria all'interno del complesso del Foro Italico, è stato rinvenuto, volutamente celato nella struttura e coperto da medaglie d'oro, un testo latino di elogio a Benito Mussolini ed al Fascismo.
A scoprirlo sono stati due studiosi di Lettere Classiche olandesi dell'Università di Groninga, Bettina Reitz-Joosse ed Hans Lamers, che hanno ribattezzato il testo Codex Fori Mussolini.
Il testo è scritto in Latino, lungo 1.200 parole ed è stato scritto dal latinista Aurelio Giuseppe Amatucci.
Il testo è diviso in tre parti:
Nella prima si parla di come l'Italia sia uscita sull'orlo del baratro dalla Prima Guerra Mondiale e, grazie a Mussolini, è stata salvata e risollevata.
La seconda parte elogia invece il lavoro delle organizzazioni giovanili fasciste.
La terza parla della costruzione del Foro Mussolini, il cui nome alla fine del 1944 è stato mutato in Foro Italico, nell'ambito del quale la Stele Mussolini fu costruita.

La guerra più memorabile tra tutte quelle che sono state combattute incendiò l’intera Europa dal 1914 al 1918, e poiché gli altri popoli aiutarono con armi e ricchezze coloro che combattevano, e giacché quasi tutti ne furono atterriti, questa guerra venne detta e fu la guerra mondiale.
Nella guerra gli italiani […] decisero di combattere per liberare i confini dal dominio degli stranieri. […] infine conseguirono in maniera totale, annientando l’enorme esercito nemico.
Ma degli uomini che allora reggevano la poltica italiana, alcuni erano tremebondi dinnanzi l’ambizione del popolo e degli stranieri, altri delusi a causa delle proprie false idee, sostenendo di tutto voler dare al popolo e nulla alla Patria, e negando che la Patria esistesse. Facendo sì pessimo uso di una tanto gloriosa e sanguinosa vittoria, gettarono l’Italia nel pericolo più grave, tanto che i migliori cittadini quasi disperavano già della sua salvezza.
A questo punto, per comando e volontà divini comparve un UOMO. 
Questo uomo era
BENITO MUSSOLINI
Quando quest’uomo, travolto dall’amore per la sua Patria, dapprima spinse impetuosamente i propri concittadini alla guerra, quindi combatté strenauamente in battaglia come soldato, versando il proprio sangue, e venuta alla luce la Vittoria, decise di restaurare i Fasci, poiché rappresentavano le pristine virtù degli antichi Romani, e li restaurò. 
Inoltre Egli ha regolato la disciplina dei ragazzi e degli adolescenti con nuove leggi e ben studiati regolamenti, e rafforzato lo studio e l’insegnamento delle arti; si è preoccupato perché le città d’Italia, e specialmente Roma, fossero ornate di edifici magnifici e utili, e costruite il maggior numerodi strade, ed i monumenti di ogni epoca, soprattutto quelli dell’antichità vennero restaurati e scavati. 
Per far sì che tale Ordine possa durare per sempre, questo UOMO che tutto pensa e tutto anticipa, sentì che ogni fanciullo, ragazza, adolescente dovesse venire educato nella nuova luc e nel seno della stessa Patria. Quindi una legge venne proposta e promulgata nel MCMXXVI (IV) che i giovani italiani, con il consenso dei genitori, si unissero in associazione e, a seconda dell’età e del sesso, divenissero Balillo, Avanguardisti, Piccole Italiane e Giovani Italiane. Venne così istituita quella che venne chiamata Opera Nazionale Balilla e che venne presieduta da Renato Ricci. 
Da ciò si è sviluppato il Foro Mussolini: e qui è anche l’Accademia Fascista, dove vengono educati colore che guidano i reparti di giovani, e che insieme agli insegnanti di lettere e di dottrina formano e abilmente istradano le menti della gioventù italiana nella giusta maniera, conformandosi alla famosa frase di MUSSOLINI “Libro e moschetto”. 
Il 27 ottobre del X anno della Rivoluzione Fascista, venne posto su una base quadrata con macchine e strumenti adeguati, e con la sua altezza di CXXX piedi, con la cuspide d’oro, con lo splendore del marmo, supera tutti gli altri.
Si erge all’inresso stesso del Foro Mussolini e renderà immortali le fortune della Patria restaurata dal DUCE, il meraviglioso invitto spirito del DUCE, la perpetua fedeltà dei cittadini al DUCE, e le famose gesta realizzate dal Fascismo. 

La Stele Mussolini, monolite di marmo di Carrara di ben 300 tonnellate, fu inserito nel contesto del Foro in occasione dei 10 anni dalla Marcia su Roma. Non è chiaro se la volontà di inserire questo testo nel suo basamento sia da ricollegarsi a questo fatto, né come mai si sia deciso di nasconderlo deliberatamente. Probabilmente è stato un voluto lascito al futuro, ma ancora non è stato chiarito dagli studiosi.

Monumento ad Alcide De Gasperi


Il monumento ad Alcide De Gasperi si trova in Via Alcide De Gasperi all'angolo con Via delle Fornaci, nel Quartiere Aurelio. E' stato realizzato nel 2005 per ricordare lo statista Alcide De Gasperi (Pieve Tesino 1881 - Borgo Valsugana 1954), primo ministro italiano dal 1945 al 1954 nonché tra i principali esponenti della Democrazia Cristiana e che, come testimonia una targa, abitò nella strada che oggi prende il suo nome (in precedenza chiamata Via Bonifacio VIII, nome che è stato attribuito ad un'altra strada del Quartiere Aurelio) ed in cui il monumento sorge.
L'origine di questo monumento risale al 2004, quando il Comune di Roma volle ricordare lo statista in occasione dei 50 anni dalla sua scomparsa. Per questa ragione fu indetto un concorso che portò alla scelta del progetto di Maria Dompé, realizzato nel 2005.
Il monumento rappresenta un esempio di land art, che consta in un prato verde scosceso, che richiama appunto le valli del Trentino di cui De Gasperi era originario, circondato da lastre di bronzo con frasi dello statista.
La forma del monumento è triangolare, una forma che nel pensiero dell'autrice vuole guardare al futuro, dal momento che nei manifesti delle avanguardie queste forme erano molto presenti.
Negli anni il monumento era purtroppo divenuto in parte una discarica, e nel 2014 è stato necessario un restauro.


Pietra d'inciampo in memoria di Galliano Tabarini


La pietra d'inciampo in questione si trova in Via Niccolò III, nel Quartiere Aurelio, e ricorda Galliano Tabarini (Urbino 1896 - Hartheim 1944), militante comunista arrestato il 19 Dicembre 1943 e deportato nel campo di sterminio di Mathausen, dove venne ucciso nel sottocampo di Hartheim.

Targa in memoria di Giuseppe Rapesta


La targa in questione si trova all'interno della Stazione San Pietro, nel Quartiere Aurelio, e ricorda Giuseppe Rapesta, appuntato della Polizia Ferroviaria morto il 12 Maggio 1982 per via delle ferite riportate durante uno scontro a fuoco avvenuto il 6 Maggio 1982 presso la Stazione San Pietro, quando un gruppo di terroristi dei NAR fecero irruzione nel posto di polizia ferroviaria sparandogli alla nuca.

Fontana del Principe Aldobrandini


La fontana in questione si trova in Piazza della Rocca, nella Zona Ostia Antica. Le sue origini risalgono al 1872, quando il Principe Camillo Aldobrandini, un nobile che aveva ricoperto diversi incarichi nello Stato Pontificio, donò questa acqua al Comune di Roma realizzando questa semplice fontana. A ricordo della donazione, sopra alla cannella da cui sgorga l'acqua che si riversa in una vasca sottostante, è presente una targa.

Monumento a Giuseppe Gioachino Belli



Il monumento al celebre poeta romanesco Giuseppe Gioachino Belli (Roma 1791 - Roma 1863) si trova in Piazza Giuseppe Gioachino Belli, nel Rione Trastevere.
L'idea di realizzare un'opera scultorea dedicata all'illustre personaggio venne all'inizio del XX Secolo, quando nel 1910 i letterati Domenico Gnoli, Ferdinando Martini e Leone Caetani proposero quest'idea all'allora sindaco Ernesto Nathan dopo aver creato un comitato di cultori ed ammiratori del Belli che individuasse l'area per realizzare il monumento.
Parallelamente, dopo che il primo cittadino si disse favorevole all'idea, il direttore del quotidiano Il Messaggero, Luigi Cesana, iniziò a raccogliere fondi attraverso una sottoscrizione tra i lettori. Nel frattempo, vennero realizzate rappresentazioni teatrali all'Adriano ed al Quirino con lo scopo di trovare i fondi necessari. Oltre a questo, anche i membri della Giunta comunale, compreso il sindaco Nathan, donarono del denaro per realizzare il gruppo scultoreo.

Il bozzetto del monumento

Alla fine, la somma necessaria fu raggiunta e la commissione scelse il progetto di Michele Tripisciano, che aveva presentato il bozzetto nel 1911.
Il monumento fu pronto per il 1913, e l'inaugurazione inizialmente fu pianificata per il 5 Aprile ma, a causa del maltempo, si optò per il 4 maggio, quel giorno era presente il Sindaco Nathan in persona.

L'inaugurazione il 4 maggio 1913

Il gruppo scultoreo del Tripisciano rappresenta il Belli, vestito con un cappello a cilindro ed un bastone, sul Ponte Fabricio, riconoscibile dai Quattro Capi, con ai lati due mascheroni allegorici raffiguranti la Poesia e la Satira da cui sgorga acqua su una vasca sottostante.


Nel piedistallo sono presenti diversi rilievi che rappresentano la Lupa con Romolo e Remo, la personificazione del Tevere, un acquedotto, Pasquino ed una folla di Romani, proprio a sottolineare il rapporto del Belli con la città.


Per il luogo si decise invece di scegliere Piazza Italia, che successivamente prese il nome di Piazza Sidney Sonnino e di cui questo pezzo, compreso tra il Lungotevere e la Casa di Dante, nel 1941 prese il nome di Piazza Giuseppe Gioachino Belli, proprio grazie alla presenza del monumento.

Targa in memoria del gatto Pupone


La targa in questione si trova in Vicolo del Leopardo, nel Rione Trastevere, e costituisce un esempio decisamente singolare di targa commemorativa: ricorda infatti un gatto, Pupone, morto nel 2009.

Monumento ai Caduti del Rione Testaccio nella Prima Guerra Mondiale


Il monumento in questione si trova in Piazza Santa Maria Liberatrice, nel Rione Testaccio, e ricorda i caduti del Rione nella Prima Guerra Mondiale.
Il monumento venne costruito nel 1931 dallo scultore Migani e inaugurato il 4 novembre dello stesso anno.
È caratterizzato da un obelisco con incisi i nomi dei caduti, affiancato lateralmente da due semicolonne doriche. Sotto la lapide si trova una lupa capitolina in bassorilievo.

Statua di San Giuseppe con Gesù Adolescente


La statua di San Giuseppe con Gesù Adolescente si trova in Via della Giuliana, nella parte della strada compresa nel Quartiere Della Vittoria. La statua venne consacrata il 19 Marzo - giorno di San Giuseppe - del 1945, realizzata dallo scultore Vincenzo Ierace (Polistena 1860 - Roma 1947) e fu voluta dall'Opera dei Ritiri per ringraziare San Giuseppe per la protezione dei cittadini sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale, che seppur ancora in corso nell'Italia Settentrionale, a Roma era ormai conclusa da diversi mesi.


San Giuseppe è un Santo molto popolare nella zona, per via della Basilica di San Giuseppe nel vicino Quartiere Trionfale. Furono proprio i Ritiri di Perseveranza della vicina Parrocchia che vollero realizzare la statua, come si legge in una targa nel piedistallo, per il XXV Anniversario della fondazione dell'Opera dei Ritiri nella Parrocchia.


Monumento ai Caduti di Ostia nella Prima Guerra Mondiale, nella Guerra d'Etiopia e nella Seconda Guerra Mondiale


Il monumento in questione si trova in Piazza Umberto I, nella Zona Ostia Antica, e ricorda i caduti di Ostia nella Prima Guerra Mondiale, nella Guerra d'Etiopia e nella Seconda Guerra Mondiale.

Targa in memoria dei bonificatori romagnoli


La targa in questione si trova in Piazza Umberto I, nella Zona Ostia Antica, proprio sotto al busto di Andrea Costa, sopra a quello di Nullo Baldini e al monumento agli Scariolanti. La targa ricorda i bonificatori romagnoli, principalmente di Ravenna, che a partire dagli anni '80 del XIX Secolo raggiunsero questa zona dove vi si stanziarono per bonificare l'area di Ostia. Il testo della targa, intitolata Pane e Lavoro, dedicata alle città di Roma e Ravenna, è stato scritto dal parlamentare socialista Andrea Costa e qui posto nel 1904.

Busto di Nullo Baldini


Il busto in questione si trova in Piazza Umberto I, nella Zona Ostia Antica, e ricorda Nullo Baldini, politico socialista, uno dei promotori del lavoro di bonifica dei ravennati ad Ostia. Il busto è stato qui posto nel Novembre 1951 dai Cooperatori Ravennati, a margine di un'iscrizione con frasi di Andrea Costa e di un busto dello stesso Andrea Costa.

Busto di Andrea Costa


Il Busto in questione si trova in Piazza Ravenna, nella Zona Ostia Antica, e ricorda Andrea Costa (Imola 1851 - Imola 1910), primo parlamentare socialista della storia d'Italia nonché uno dei promotori della bonifica di Ostia di fine Ottocento da parte dei Ravennati.
Il busto, sotto il quale è scritto "A. Costa, Apostolo del Socialismo", e fu posto qui nel 1904, insieme a una grande lapide con parole dello stesso Costa che elogiano il ruolo dei Ravennati nella bonifica di Ostia e cui successivamente è stato aggiunto un altro busto dedicato a Nullo Baldini, altro parlamentare socialista.
Non è noto cosa sia stato di questo busto che, con tutto l'apparato limitrofo, richiama il socialismo italiano, durante il fascismo.

Monumento agli Scariolanti


Il monumento in questione si trova in Piazza Ravenna, nella Zona Ostia Antica, ed è dedicato agli Scariolanti, i bonificatori provenienti dalla Romagna che a partire dagli anni '80 del XIX Secolo si stabilirono presso Ostia Antica dove realizzarono importanti opere di bonifica. Il loro lavoro con la carriola fece sì che questi bonificatori fossero ribattezzati appunto "scariolanti".

Targa in memoria dell'acqua donata da Camillo Aldobrandini


La targa in questione si trova in Piazza della Rocca, nella Zona Ostia Antica, e ricorda come l'acqua che sgorga dalla fontana su cui la targa stessa è posta sia stata donata dal Principe Camillo Aldobrandini (Firenze 1816 - Roma 1902), già funzionario dello Stato Pontificio, ed ivi condotta dal Comune di Roma nel 1872.

Targa in memoria della ricostruzione di un ponte ad Ostia Antica


La targa in questione si trova in Piazza della Rocca, nella Zona Ostia Antica, e ricorda la ricostruzione di un ponte che versava in stato fatiscente che qui si trovava promossa dal Cardinale Carlo Alberto Guidobono Cavalchini (Tortona 1683 - Roma 1774), Vescovo di Ostia e Velletri a partire dal 1763.

Targa in memoria del restauro del Teatro Romano di Ostia Antica


La targa in questione si trova negli scavi di Ostia Antica, nella Zona Ostia Antica, e ricorda il restauro del Teatro Romano, presso il quale la targa si trova.
La targa è una delle poche che, pur citando Benito Mussolini, nella figura di "Duce", non è stata danneggiata in seguito alla caduta del Fascismo, come accaduto a molte altre targhe che riportavano il nome di Benito Mussolini, specie nella figura di "Duce".

Targa in memoria di Santa Monica


La targa in questione si trova all'interno degli scavi di Ostia Antica, nella Zona Ostia Antica, e ricorda Santa Monica (Tagaste 331 - Ostia 387), madre di Sant'Agostino, che con il figlio si trasferì ad Ostia da Milano in attesa di recarsi via nave in Africa e che, ad Ostia, morì. Nella targa è citato un passo delle Confessioni di Sant'Agostino.

Targa in memoria della costruzione del carcere femminile del San Michele


La targa in questione si trova in Piazza di Porta Portese, nel Rione Trastevere, e ricorda la costruzione del carcere femminile del San Michele per volontà di Papa Clemente XII Corsini (1730-1740) nel 1735.

Targa della sezione Testaccio-San Saba-Aventino dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci


La targa in questione si trova in Via Nicola Zabaglia, nel Rione Testaccio, in corrispondenza della sezione territoriale di Testaccio, San Saba e dell'Aventino dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci.

Targa del Circolo Socialista Testaccio-Aventino


La targa in questione si trova in Piazza Santa Maria Liberatrice, nel Rione Testaccio, dove si trovava il Circolo del Partito Socialista Italiano relativo alla zona Testaccio-Aventino, dedicato ad Antonino Campanozzi.

Pietra d'inciampo in memoria di Michele Mieli


La pietra d'inciampo in questione si trova in Via Natale del Grande, nel Rione Trastevere, e ricorda Michele Mieli, un Ebreo arrestato il 18 Aprile 1944, deportato presso il campo di sterminio di Auschwitz e lì ucciso il 30 Giugno 1944.

Pietre d'inciampo in memoria di Leonello e Giancarlo Della Seta


Le pietre d'inciampo in questione si trovano in Via Arenula, nella parte della strada compresa nel Rione Regola, e ricordano Leonello Della Seta e Giancarlo Della Seta, due Ebrei arrestati durante il rastrellamento del Ghetto di Roma del 16 Ottobre 1943, deportati presso il campo di sterminio di Auschwitz e lì uccisi.

Pietre d'inciampo in memoria di Samuele Leone Della Seta, Giulia Di Segni Della Seta e Cesira Calò


Le pietre d'inciampo in questione si trovano in Via Arenula, nella parte della strada compresa nel Rione Regola, e ricordano Samuele Leone Della Seta, Giulia Di Segni Della Seta e Cesira Calò, tre Ebrei arrestati dai nazisti durante il rastrellamento del Ghetto del 16 Ottobre 1943, deportati nel campo di sterminio di Auschwitz dove vennero uccisi.

Pietre d'inciampo in memoria di Amelia Piperno in Sonnino, Mosè Marco Sonnino, Angelo Romanelli, Margherita Sonnino, Angelo Piperno, Giorgina Guglielma Coen e Laura Romanelli


Le pietre d'inciampo in questione si trovano in Via Arenula, nella parte compresa nel Rione Regola, e ricordano Amelia Piperno in Sonnino, Mosè Marco Sonnino, Angelo Romanelli, Margherita Sonnino, Angelo Piperno, Giorgina Guglielma Coen e Laura Romanelli, che presso questo edificio vivevano e che vennero arrestati il 16 Ottobre 1943 nel corso del rastrellamento del Ghetto di Roma. Tutte e sette le persone ricordate nelle pietre d'inciampo furono deportati nel campo di sterminio di Auschwitz dove vennero uccisi.

Pietra d'inciampo in memoria di Maurizio Giglio


La pietra d'inciampo in questione si trova in Largo della Gancia, nel Quartiere Della Vittoria, e ricorda Maurizio Giglio (Parigi 1920 - Roma 1944), militare italiano che durante l'occupazione tedesca di Roma lavorò al fianco dei servizi segreti statunitensi, arrestato e ucciso nell'eccidio delle Fosse Ardeatine, che presso questa casa abitava. Sulla facciata dell'edificio, Giglio è ricordato anche da una targa commemorativa.

Regioni di Roma Augustea

I. Porta Capena
II. Caelimontium
III. Isis et Serapis
IV. Templlum Pacis
V. Esquiliae
VI. Alta Semita
VII. Via Lata
VIII. Forum Romanum Magnum
IX. Circus Flaminius
X. Palatinum
XI. Circus Maximus
XII. Piscina Publica
XIII. Aventinus
XIV. Transtiberim

Santa Maria della Clemenza


La Chiesa di Santa Maria della Clemenza si trova in Vicolo del Piede, nel Rione Trastevere. La Chiesa risale al 1675, anno in cui venne concessa all'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento di Santa Maria in Trastevere che qui vi ospitò una copia dell'icona bizantina della Madonna della Clemenza - risalente all'VIII Secolo -, conservata nella vicina Basilica di Santa Maria in Trastevere all'interno della Cappella Altemps. Per questa ragione, la Chiesa prese il nome di Santa Maria della Clemenza.
Nel 1705 Papa Clemente XI Albani (1700-1721), che era stato Primicerio e Protettore dell'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento di Santa Maria in Trastevere, promosse un rifacimento che le dette la pregevole facciata attuale.
La facciata è in due ordini, di cui quello inferiore costituito da un portale al centro di due nicchie e quello superiore da una finestra affiancata da paraste e sormontata da un timpano.
I privilegi dati dal Papa all'Arciconfraternita erano ricordati in un'iscrizione di marmo sopra al portale all'interno della Chiesa.
Nel 1870 la Chiesa vide un lungo restauro dell'interno, che venne ampliato, che durò 18 anni. Venne quindi riaperta nel 1888 ma, al termine della Prima Guerra Mondiale, venne chiusa per via della cessata attività dell'Arciconfraternita, fatto che portò la Chiesa a venire sconsacrata.
Da diversi anni, l'ex Chiesa ospita alcuni locali del ristorante La Canonica, situato all'angolo tra Vicolo del Piede e Via della Paglia.

Olimpiadi di Roma 1960



Nel 1955 il CIO (Comitato Internazionale Olimpico), riunito a Parigi, fu chiamato a decidere quale città avrebbe ospitato i Giochi Olimpici Estivi del 1960. 
Le città candidate a ospitare il prestigioso evento erano otto: Roma, Losanna, Detroit, Budapest, Bruxelles, Città del Messico, Tokyo e Toronto. La prima delle otto città a tirarsi indietro fu Toronto, che non partecipò neanche alla votazione.
La prima votazione servì a scremare il numero di candidati, lasciando solo quattro città: Roma, Losanna, Detroit e Budapest. Tra le città escluse, tuttavia, Tokyo avrebbe ospitato le Olimpiadi del 1964, che ospiterà anche quelle del 2020, e Città del Messico quelle del 1968.
Alla fine, alla terza votazione, dopo l'esclusione di Budapest, prima città del Patto di Varsavia a correre per ospitare le Olimpiadi, e di Detroit, i Giochi del 1960 furono assegnati a Roma nella votazione finale con Losanna.
Roma si era già candidata ad ospitare i Giochi del 1904, tenutisi però a Saint Louis, ed avrebbe dovuto ospitare quelli del 1908, tenutisi però poi a Londra dopo che il governo italiano rinunciò alla loro organizzazione per via dell'eruzione del Vesuvio del 1906. Benito Mussolini avrebbe voluto far ospitare a Roma anche le Olimpiadi del 1944, ma la Seconda Guerra Mondiale non fece disputare quei giochi. Tuttavia, alcune strutture, come il Foro Italico, all'epoca Foro Mussolini, vennero costruite.


Nel 1960 Roma avrebbe finalmente organizzato le sue Olimpiadi.
Lo sport italiano era uscito molto provato dalla Seconda Guerra Mondiale, ma grazie a numerose iniziative riuscì ad avere una rapida ripresa. Il Primo Ministro Alcide De Gasperi ed il suo Sottosegretario Giulio Andreotti avevano favorito lo sviluppo del CONI, mettendovi a capo Giulio Onesti che prima riuscì a far ottenere all'Italia l'organizzazione dei Giochi Invernali del 1956 a Cortina d'Ampezzo e, successivamente, quelli di Roma del 1960.
Nell'Italia del boom economico, anche lo sport stava crescendo insieme al resto dell'economia del Paese.
In vista delle Olimpiadi, a Roma era stata completata la prima linea metropolitana (l'attuale Linea B), che dalla Stazione Termini raggiungeva il nuovo quartiere dell'EUR. Al tempo stesso, si lavorò per ammodernare le strutture sportive già esistenti e costruirne di nuove. Anche il nuovo Aeroporto di Fiumicino venne realizzato per l'occasione, e una nuova strada a Ovest, che attraversava Villa Pamphilj e raggiungeva il Foro Italico, venne tracciata, oggi è infatti nota come Olimpica.

La Via Olimpica

La scelta di Roma fu decisamente simbolica perché coniugava le Olimpiadi dell'Era Antica con quelle dell'Era Moderna. Dopo la conquista della Grecia da parte di Roma, soprattutto in Età Imperiale le gare Olimpiche vennero spesso disputate a Roma e non più ad Olimpia, il tutto fino al 393 dopo Cristo, quando l'Imperatore Teodosio pose fine a questa tradizione.
Per organizzare l'evento, vennero spesi in tutto l'equivalente di 50 milioni di Dollari, che il governo italiano reperì stanziando per il CONI, e quindi per l'organizzazione delle Olimpiadi, gli introiti del Totocalcio.
Le strutture scelte per disputare le gare delle Olimpiadi furono numerose, alcune delle quali costruite ex novo, altre restaurate ed altre ancora che erano già pronte.

Mappa di Roma Olimpica realizzata nel 1960 dallo Stabilimento Luigi Salomone

Per la cerimonia di apertura e di chiusura e per gli eventi di Atletica si decise di utilizzare lo Stadio Olimpico, costruito a partire dal 1927, da Enrico Del Debbio e ampliato dieci anni dopo, nell'ambito dei lavori per il Foro Mussolini, su progetto dell'architetto Luigi Moretti, anche se i lavori si interruppero nel 1940. Nel 1953 fu terminato su progetto di Annibale Vitellozzi; la capienza dello stadio in precedenza conosciuto come Stadio dei Cipressi e Stadio dei Centomila, venne ridotta a 65mila spettatori. Il resto del Foro Italico ebbe anche un ruolo centrale nell'evento Olimpico. 
Lo Stadio dei Marmi, il piccolo ma suggestivo stadio limitrofo all'Olimpico, fu scelto per ospitare i preliminari di hockey su prato, mentre lo Stadio del Nuoto, anch'esso  iniziato negli anni Trenta su progetto dell'architetto Costantino Costantini, venne ampliato dagli architetti Enrico Del Debbio ed Annibale Vitellozzi nel 1959, per ospitare le gare di nuoto, pallanuoto e tuffi.
Altro epicentro dell'evento fu la zona tra il Flaminio ed i Parioli, raggiungibile in pochi minuti a piedi dal Foro Italico attraverso il Ponte Duca d'Aosta. 
In quest'area sorgeva fino al 1957 il vecchio Stadio Nazionale del PNF, che venne abbattuto e ricostruito da Antonio Nervi, figlio di Pier Luigi, autore delle strutture architettoniche, con il nome di Stadio Flaminio, che avrebbe ospitato le maggiori sfide di calcio. 


A pochi metri da questo fu costruito il Palazzetto dello Sport, su progetto di Annibale Vitellozzi e Pier Luigi Nervi, e nell'area un tempo occupata dal Campo Parioli, in cui avevano trovato alloggio abusivo numerose famiglie, in seguito a uno sgombero fu costruito il nuovo Villaggio Olimpico. A realizzare questo nuovo quartiere, che avrebbe ospitato gli atleti delle Olimpiadi, furono gli architetti Vittorio Cafiero, Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco e Luigi Moretti, tra il 1958 ed il 1959 grazie al finanziamento del CONI, dell'INCIS e del Comune di Roma. Si stabilì infatti che le abitazioni, in seguito al termine della manifestazione multisportiva, sarebbero state destinate agli impiegati statali. Nel Luglio 1960, le strade del nuovo Quartiere vennero dedicate alla XVII Olimpiade, agli Olimpionici, alle discipline Olimpiche e a numerosi Paesi cui ancora non erano dedicate strade a Roma.


Il terzo importante polo dove si disputarono gare Olimpiche fu il nuovo quartiere dell'EUR, progettato durante il Fascismo per ospitare l'Esposizione Universale del 1942, che non ebbe mai luogo per via dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, ed ultimato durante gli anni Cinquanta.
Qui furono costruiti il Palazzo dello Sport, opera di Pier Luigi Nervi e Marcello Piacentini, che avrebbe ospitato le gare di basket e pugilato, ed il Velodromo Olimpico, per ospitare le gare di ciclismo su pista, opera di Cesare Ligini ed altri architetti. 
Nell'area fu inoltre realizzato il Lago Cannocchiale, così chiamato per via della forma ma noto come Laghetto dell'EUR, per gli allenamenti degli sport d'acqua. Anche la Piscina delle Rose, fu realizzata nel 1958 per ospitare alcune gare di pallanuoto. Fu realizzato pure il nuovo Campo delle Tre Fontane, utilizzato per i preliminari di hockey su prato.
Il preesistente Palazzo dei Congressi, opera di Adalberto Libera e progettato per l'Esposizione del 1942, fu usato per ospitare le gare di scherma.

Gare di Lotta Greco-Romana presso la Basilica di Massenzio

Anche i monumenti di Roma Antica furono usati come suggestivo palcoscenico per le gare sportive delle Olimpiadi. Le Terme di Caracalla fecero da cornice per le gare di ginnastica mentre la Basilica di Massenzio per la lotta greco-romana.
Per le gare di tiro a segno e tiro a volo, invece, vennero scelti il Poligono Umberto I e la Scuola di Fanteria di Cesano e venne adibita la struttura temporanea del Lazio Pigeon Shooting Stand, nei pressi del Villaggio Olimpico.
Le gare equestri, invece, furono disputate a Piazza di Siena ed ai Pratoni del Vivaro a Rocca di Papa, mentre il Lago di Albano per le gare di canoa e canottaggio. Il Penthatlon moderno avrebbe invece avuto luogo tra il Golf Club dell'Acqua Santa e Passo Corese.
Come punto di arrivo della Maratona, fu scelta la suggestiva cornice dell'Arco di Costantino, mentre la gara di ciclismo su strada ebbe luogo nelle consolari nel Nord della città, tra la Flaminia e la Cassia.


Per le gare di vela, il mare di Roma non fu giudicato ottimale e si scelse di disputare le gare nel Golfo di Napoli, mentre per il calcio, essendo necessari numerosi stadi, si scelsero anche lo Stadio San Paolo di Napoli, gli stadi comunali di Firenze, Grosseto e L'Aquila, lo stadio dell'Ardenza di Livorno e l'Adriatico di Pescara.
Alle Olimpiadi di Roma presero parte in tutto 5.338 atleti, di cui 611 donne,  rappresentanti di 83 diverse nazioni, che sarebbero state 84 se Wim Esajas, unico atleta del Suriname, fosse riuscito a raggiungere Roma. Tra questi paesi, ci fu comunque la prima volta di Marocco, San Marino, Sudan e Tunisia, mentre le Barbados, la Giamaica e Trinidad e Tobago corsero unite nella squadra delle Antille. Anche la Rhodesia del Nord e del Sud corsero insieme con il nome di Rhodesia, ma la più clamorosa di queste squadre unificate fu quella della Germania, che raccolse insieme la Germania Est e la Germania Ovest. Un gesto fortissimo, se si pensa che un anno dopo le Olimpiadi sarebbe stato costruito il Muro di Berlino.
La squadra presente con più atleti fu la Germania (293), seguita dagli Stati Uniti (292), l'Unione Sovietica (283), l'Italia (280), il Regno Uniti (253) e la Francia (238).
Gli Sport rappresentati furono in tutto 17: quelli Acquatici (suddivisi tra tuffi, nuoto e pallanuoto), l'Atletica, il Basket, il Pugilato, la Canoa, il Ciclismo (su strada e su pista), gli Sport Equestri (Dressage, Eventing e Salto), la Scherma, l'Hockey su prato, il Calcio, la Ginnastica, il Pentathlon moderno, il Canottaggio, la Vela, il Tiro a segno, il Sollevamento pesi e la Lotta (Libera e Greco-Romana).

Giancarlo Peris accende il braciere Olimpico

Le Olimpiadi ebbero inizio Giovedì 25 Agosto 1960. La Cerimonia d'Apertura si svolse presso lo Stadio Olimpico di Roma, con il discobolo Adolfo Consolini che lesse il giuramento degli atleti, il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi ad aprire ufficialmente i Giochi e Giancarlo Peris come ultimo tedoforo. Non si trattò di un atleta già noto, ma di un ragazzo di Civitavecchia che aveva vinto i campionati provinciali di corsa campestre, come era stato in precedenza stabilito.
Per la prima volta nella storia, le Olimpiadi si svolsero in mondovisione. L'evento ebbe un grosso impatto sul pubblico, in particolare Italiano, e si registrò con l'occasione un boom di acquisti di apparecchi televisivi.


Ma l'entusiasmo a Roma per l'arrivo delle Olimpiadi non si fermò a questo. La nota gelateria Giolitti, ad esempio, creò un nuovo gelato dedicato al grande evento, la Coppa Olimpica, ancora oggi in vendita presso la celebre gelateria.
I Giochi furono caratterizzati da un forte spirito agonistico, e furono molti i risultati che entusiasmarono gli spettatori e gli amanti di sport. Tra questi fattori ci fu anche la sempre più forte rivalità in campo sportivo tra le due superpotenze mondiali, l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti.

Livio Berruti taglia il traguardo dei 200 metri

Gli italiani furono molto entusiasmati dalla grande vittoria nei 200 metri di Livio Berruti di fronte al proprio pubblico, così come le tre medaglie d'oro nel pugilato (dove per gli Stati Uniti un oro fu vinto da Cassius Clay, che nel 1964 cambiò il proprio nome in Muhammad Ali), e due ori, un argento e tre bronzi nella scherma. Oltre a questo, i padroni di casa realizzarono una grande Olimpiade che valse un notevole terzo posto nel medagliere con 13 ori, 10 argenti e 13 bronzi.
A vincere il medagliere fu l'Unione Sovietica, con 43 medaglie d'oro, di cui ben 10 vinte nella ginnastica. In questo campo, l'URSS realizzò a Roma un'epica impresa, dove vinse 14 delle 15 medaglie in palio nei concorsi individuali femminili.
Il secondo posto fu invece degli Stati Uniti, con 34 ori.
Non mancarono poi altre imprese, come quella del canoista svedese Gert Fredriksson, vincitore del suo sesto titolo olimpico, così come anche lo schermidore ungherese Aladar Gerevich.
Ma l'immagine storica di queste Olimpiadi fu in modo particolare quella dell'etiope Abebe Bikila, che corse la maratona a piedi nudi e la vinse. L'impresa è ricordata da una targa commemorativa in Via San Gregorio, dove tagliò lo storico traguardo. Bikila rivinse la gara di maratona nel 1964 a Tokyo, ma correndo con le scarpe.

Abebe Bikila a piedi nudi durante la Maratona

A Roma ci fu anche l'ultima apparizione olimpica del Sudafrica prima del 1992, anno in cui venne riammessa ai Giochi per la fine dell'apartheid.
 
Sport alle Olimpiadi di Roma del 1960
 

Via dell'Albero Bello

L'Albero Bello nella mappa dell'Istituto Cartografico Italiano del 1891
La strada in questione era una traversa di Via Flaminia, nell'attuale Quartiere Flaminio, grossomodo in corrispondenza dell'attuale Via Luigi Canina.
Il nome deriva da un grande albero che si trovava qui vicino (all'incirca dove oggi sorge Piazzale Manila), esistito fino al 1950, che dette il nome alla strada e fu fonte d'ispirazione di numerosi artisti.
Numerosi studiosi di Cose Romane hanno proposto che Via Luigi Canina tornasse a chiamarsi Via dell'Albero Bello in memoria dello storico albero.

Mariano Fortuny

Autoritratto di Mariano Fortuny realizzato tra il 1863 ed il 1873

Marià Fortuny i Marsal, noto soprattutto con il nome italianizzato di Mariano Fortuny (Reus 1838 - Roma 1874) è stato un pittore spagnolo estremamente legato alla città di Roma, in cui ha vissuto per anni e che lo ha ispirato per numerose opere.
Nacque nella città di Reus, in Catalogna, in una famiglia umile e a soli 12 anni rimase orfano di madre e fu affidato alle tutele del nonno che, vedendo in lui un talento artistico, lo mandò a imparare a dipingere presso il pittore locale Domenec Soberano. Nel 1852 si trasferì a Barcellona per portare avanti gli studi e, nel 1858, grazie ad una borsa di studio si trasferì a Roma.
Qui si stabilisce presso la propria residenza fuori le mura lungo Via Flaminia, all'altezza del Borghetto Flaminio, dove oggi è ricordato da una targa. A dividere con lui c'era il pittore italiano Attilio Simonetti, suo amico ed allievo.
Nel 1860, un anno dopo lo scoppio della guerra ispano-marocchina con cui la Spagna consolidò il controllo dei propri territori in Nordafrica, le autorità iberiche inviarono Fortuny in Marocco per realizzare opere che documentassero le battaglie. Fu in questo contesto che Fortuny realizzò alcune delle sue pi note opere, tra cui La battaglia di Tetuan, in cui raffigurò la principale battaglia del conflitto.

L'Odalisca, 1861
Durante questo periodo Fortuny ebbe occasione di ammirare particolarmente i colori del Marocco, tanto da tornare in più occasioni a Tangeri per realizzare opere a carattere orientalista, uno stile che più volte accompagnò la carriera dell'autore.

L'Odalisca, 1862
Di ritorno dal Marocco, Fortuny si recò a Parigi, dove le sue opere ebbero un grande successo critico. Dopo aver visto le sue opere, Theophile Gautier disse che come acquafortista eguagliava Francisco Goya e quasi raggiungeva Rembrandt.

La Vicarìa, 1870
Ritornato a Roma, dipinse La Vicarìa, uno dei suoi più celebri dipinti, quindi sposò Cecilia de Madrazo, figlia di Federico de Madrazo, all'epoca direttore del Museo del Prado. Dopo alcuni soggiorni a Granada, Parigi e Napoli, il pittore tornò a Roma dove nel 1874 morì a 36 anni per una febbre malarica. Venne sepolto nel cimitero del Verano.