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Fontana delle Teste di Lupo
La Fontana delle Teste di Lupo si trova in Piazza Tommaso De Cristoforis, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come Casal Bertone, all'interno del complesso del Palazzo dei Ferrovieri. La fontana consiste in un pilastro con tre teste di lupo, dalle quali sgorgava l'acqua nella conca sottostante.
Venne costruita a partire dal 1929, anno della realizzazione del Palazzo dei Ferrovieri.
Monumento ai caduti di tutte le guerre dei Quartieri Appio-Latino e Tuscolano
Il monumento in questione si trova in Piazza Casalmaggiore, nel Quartiere Tuscolano, e commemora i caduti di tutte le guerre dei Quartieri Tuscolano ed Appio-Latino.
Il monumento consta in un parallelepipedo marmoreo, qui posto dal Comune di Roma nel 1964.
Madonna del Divino Amore in Via Orvieto
L'Edicola Sacra in questione si trova in Via Orvieto, nel Quartiere Tuscolano, e rappresenta la Madonna del Divino Amore con in braccio il Bambino.
Madonna del Divino Amore di Via Prenestina
L'Edicola Sacra in questione si trova in Via Prenestina all'angolo con Via Raimondo Montecuccoli, nel Quartiere Tiburtino, e rappresenta la Madonna del Divino Amore con il Bambino e di fronte reca una scritta metallica "Ave Maria".
Colonna di San Lorenzo
La Colonna di San Lorenzo si trova in Piazzale del Verano, di fronte alla Basilica di San Lorenzo, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come San Lorenzo.
Nel XVIII Secolo Papa Clemente XI Albani (1700-1721) decise di erigere una colonna sormontata da una croce di fronte alla Basilica di San Lorenzo. Con il Pontificato di Papa Beato Pio IX Mastai Ferretti (1848-1878) venne abbattuta la limitrofa collina del Pincetto, dando uno spazio molto più ampio al piazzale di fronte alla Basilica di San Lorenzo.
Questo fatto rese la colonna esistente sproporzionata rispetto al nuovo spazio, e si decise di sostituirla con una nuova. Il primo Aprile 1864, Monsignor Marinelli benedisse la posa della prima pietra del nuovo monumento. Nel 1865 venne inaugurato il nuovo monumento, una colonna di 21 metri di altezza sormontata da una statua di 3 metri raffigurante San Lorenzo con in mano una graticola, lo strumento con cui fu martirizzato.
La statua venne realizzata dallo scultore Stefano Galletti e da Francesco Lucenti, mentre il capitello da Sante Cianfaroni ed il piedistallo da Francesco Vitti. Lo stemma del Beato Pio IX, invece, è stata realizzata dallo scultore Carimini.
La Colonna di San Lorenzo non fu colpita nel corso del bombardamento del 19 Luglio 1943 che danneggiò la Basilica di San Lorenzo e colpì duramente il quartiere.
Targa in memoria dei caduti dei Quartieri Appio-Latino e Tuscolano nella Prima Guerra Mondiale
La targa in questione si trova in Viale Castrense, nel Quartiere Tuscolano, e ricorda i caduti dei Quartieri Appio-Latino e Tuscolano durante la Prima Guerra Mondiale.
Targa in memoria dei caduti della Sesta Zona del Partito d'Azione
La targa in questione si trova in Viale Castrense, nel Quartiere Tuscolano, e ricorda i partigiani del Partito d'Azione della Sesta Zona caduti durante l'occupazione tedesca di Roma.
I nomi ricordati sono:
- Pilo Albertelli (ricordato anche in una targa nel Quartiere Nomentano)
- Bruno Annarumi (ricordato anche in una targa nel Rione Esquilino)
- Manlio Bordoni
- Antonio Gallarello (ricordato anche in una targa nel Rione Esquilino)
- Giorgio Giorgi
- Pietro Lungaro
- Benedetto Pittorri
- Umberto Rossi
- Felice Salemme
- Luigi Selva (ricordato anche in una targa del Quartiere Tuscolano)
Targa in memoria di Virgilio Bianchini
La targa in questione si trova in Piazza Tommaso De Cristoforis, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come Casal Bertone, e ricorda il partigiano Virgilio Bianchini, morto a Narni nel 1944 e che viveva presso questo palazzo, nel cui androne la targa è situata.
Via Carlo Randaccio
Via Carlo Randaccio si trova nella parte del Quartiere Ostiense nota come Garbatella, compresa tra Piazza Edoardo Masdea e Largo Carlo Randaccio ed oltre.
La strada venne istituita nel 1925 nell'ambito dello sviluppo della nuova area della Garbatella: non a caso rispecchia la stessa tipologia edilizia del nucleo originario del quartiere, con le abitazioni suddivise in lotti e dotate di giardino.
La strada fu dedicata, seguendo la linea toponomastica degli ingegneri navali e degli armatori, a Carlo Randaccio (Genova 1827 - Roma 1919), capo di gabinetto di Cavour al Ministero della Marina e, successivamente, direttore generale della Marina Mercantile e Deputato.
La strada inizialmente era compresa tra Piazza Edoardo Masdea e Via Domenico Chiodo, ma nel 1954 cambiò i propri confini in seguito all'istituzione di Largo Carlo Randaccio.
Mausoleo Ossario Garibaldino
Il Mausoleo Ossario Garibaldino si trova in Via Garibaldi, nella parte del Rione Trastevere che si estende sul Gianicolo.
La necessità di raccogliere i diversi volontari garibaldini morti nei moti e nelle battaglie per unificare l'Italia nacque negli anni Settanta del XIX Secolo, quando in tutto il paese iniziarono a essere promossi i primi ossari commemorativi delle battaglie. Nel caso del Gianicolo, furono proprio Giuseppe Garibaldi ed il figlio Menotti a farsi promotori di una legge per raccogliere sul colle i resti dei caduti.
Tuttavia, individuare le salme dei garibaldini non era cosa semplice: molti giacevano tumulati nei cimiteri o vicino ai luoghi di battaglia. Fu per questo inizialmente realizzato solo un piccolo cimitero in attesa di terminare la lunga opera di ricerca.
La difficoltà di rintracciare i caduti rallentò non poco la realizzazione di un grande ossario, ma quest'idea venne ripresa negli anni Trenta del Novecento, promossa da Ezio Garibaldi, nipote di Giuseppe Garibaldi ed all'epoca a capo della Società dei Reduci Patrie Battaglie.
La batteria del Colle del Pino, ultimo baluardo assieme a Villa Spada |
Il governo approvò la proposta di Ezio Garibaldi di realizzare il mausoleo nella zona del Gianicolo conosciuta come Colle del Pino, dove era posta una batteria di artiglieria, e si era svolta la parte finale della battaglia, il 30 giugno 1849.
Dopo aver accettato di sostenerne i costi la Società affidò l'incarico per la costruzione del monumento al socio architetto Giovanni Jacobucci.
Il mausoleo venne inaugurato il 3 Novembre del 1941 da Benito Mussolini dopo due anni di lavori.
È costituito da un grande quadriportico in travertino con tre archi per ogni lato, posto su una scalinata al centro di un'area recintata. Sull'attico vi è la scritta AI CADUTI PER ROMA, mentre lateralmente il motto ROMA O MORTE.
Nel mezzo del quadriportico si trova una grande ara, realizzata in granito rosso proveniente da Baveno, in cui sono raffigurate insegne dell'Antica Roma con la lupa capitolina e l'aquila imperiale, affiancate da gladii, l'ara è sormontata da teste di leone.
La facciata posteriore con l'ingresso al Sacrario |
Agli angoli del Mausoleo si trovano quattro piedistalli in travertino su cui sono posti altrettanti bracieri in bronzo. Sui piedistalli sono scritte le battaglie combattute per liberare Roma: 1849 Vascello, San Pancrazio, Palestrina, Velletri, Monti Parioli, Villa Spada; 1862 Aspromonte; 1867 Monte Rotondo, Mentana, Villa Glori, Casa Ajani; 1870 Porta Pia, San Pancrazio.
Nel Sacrario, posto al livello interrato, sono presenti 36 loculi in cui sono ricordati i nomi di 1600 caduti, la volta è rivestita di mosaici d'oro, mentre al centro è presente un grande pilastro circolare
Via di Tor di Nona
Via Tor di Nona negli anni Settanta |
Via di Tor di Nona è una strada del Rione Ponte compresa tra Via della Rondinella e Vicolo dell'Arco di Parma ed oltre.
Il nome della strada deriva dalla torre medievale che fu di proprietà degli Orsini, che a pochi metri da qui aveva il palazzo fortificato di Monte Giordano.
Questa strada si trova molto vicina al Tevere, e fino al Medioevo erano probabilmente ancora visibili le fortificazioni Romane, parte del sistema difensivo delle Mura Aureliane, che si affacciavano lungo il Fiume, e proprio per questa ragione e per le finestrelle che da questa fortificazione prospettavano sul Tevere, la strada era detta De Posterulis, e con essa tutta la zona.
Via Tor di Nona nella mappa del Nolli |
La strada inizialmente partiva dalla Piazza di Ponte Sant'Angelo e proseguiva fino a Via di Monte Brianzo, creando di fatto un unico rettifilo che da Ponte Sant'Angelo raggiungeva Trinità dei Monti.
La Torre di Nona, di origini Medievali e forse costruita proprio sulle antiche fortificazioni Romane, dopo essere stata adibita a magazzino della Grascia - per le derrate che giungevano tramite il Tevere - venne adibita a prigione nel 1410 dalla Reverenda Camera Apostolica, come è testimoniato dal Catasto del Salvatore. La proprietà era passata infatti proprio alla Reverenda Camera Apostolica come eredità di Joanni Jacomello Orsini. Il fatto che la torre, già detta del Soldano per via di un funzionario della Corte Papale, dal momento che fu soggetta all'amministrazione dell'Annona fu detta Tor di Nona per corruzione popolare.
La torre rimase adibita a carcere fino al 1655, quando vennero costruite le Carceri Nuove in Via Giulia. L'Arciconfraternita di San Gerolamo della Carità, proprietaria della torre, volle così trasformarla in teatro. Nel 1666 Papa Alessandro VII Chigi respinse questa richiesta, successivamente accolta da Papa Clemente IX Rospigliosi nel 1669. Proprio in seguito a questa decisione, nel 1670 venne costruito, su progetto di Carlo Fontana, il Teatro Tordinona, celebre per le rappresentazioni di Tiberio Fiorilli, nei panni del prode Scaramuccia. Tuttavia, nel 1781 il teatro andò distrutto in un incendio. Nel 1795 venne ricostruito e prese il nome di Teatro Apollo. In questo teatro, nel corso del XIX Secolo vennero messe in scena diverse opere di Giuseppe Verdi.
Il Teatro Apollo e le case di Via Tor di Nona nell'Ottocento |
Con l'annessione di Roma al Regno d'Italia Via di Tor di Nona fu protagonista di numerosi cambiamenti urbanistici.
La realizzazione della nuova Via Savoia, oggi Via Zanardelli, la separò da Via di Monte Brianzo e Via dell'Orso.
Costruzione del Lungotevere nel 1893 |
La costruzione dei muraglioni del Tevere e dei nuovi Lungotevere portarono a porre la strada a un livello inferiore rispetto alle nuove arterie, e alla demolizione di tutte le case affacciate sul Tevere e del Teatro Apollo, avvenuta nel 1889.
Via Tor di Nona durante la demolizione del Teatro Apollo |
Nel 1925, sul limitrofo Lungotevere Tor di Nona, venne realizzata una fontana in memoria del Teatro Apollo dall'architetto Cesare Bazzani.
Durante il fascismo, nella zona vennero effettuate alcune opere di diradamento tra gli stretti vicoli, spesso allargati con piccoli interventi mirati, come nelle vicine Piazza San Salvatore in Lauro, Piazzetta di San Simeone e Largo Febo. Nel 1925 fu costruita, su progetto di Vincenzo Fasolo, la Scuola Elementare Alberto Cadlolo.
L'idea degli urbanisti dell'epoca era anche allargare la stretta Via di Tor di Nona, e per questa ragione venne sgomberato il grande palazzo all'angolo con Via dell'Arco di Parma, e i loro abitanti furono inviati nelle nuove borgate. Tuttavia, il palazzo non fu demolito e rimase disabitato per alcuni decenni, finché non venne occupato alla fine degli anni Sessanta. In questa circostanza, l'edificio fu ricoperto di murales, così come fu dipinto anche il muraglione di fronte.
Oggi di questi murales restano solo l'Asino che vola, uno dei simboli della strada, e il murales di una manifestazione che vi è davanti. Nel 2003 le case vennero sgomberate dal Comune di Roma.
Targa in memoria di Stefano Tachè Gay
La targa in questione si trova in Via Catalana, sul recinto del Tempio Maggiore di Roma, nella parte del Rione Sant'Angelo occupata dal Ghetto Ebraico, e ricorda Stefano Tachè Gay, il bambino rimasto ucciso all'età di due anni il 9 Ottobre 1982 nell'attentato compiuto da alcuni terroristi legati al palestinese Abu Nidal che lanciarono bombe a mano e spararono colpi di mitra contro la folla che usciva dalla preghiera del sabato e dalla cerimonia di alcuni bar mitzvah.
Nella targa è riportata sia la data del calendario Gregoriano dell'attentato - il 9 Ottobre 1982 - che la festività del calendario Ebraico che si celebrava quel giorno con l'anno del calendario in questione - Shemini Azeret 5743.
Bombardamento di San Lorenzo del 19 Luglio 1943
Questo fatto, portò gli Anglo-Americani ad intensificare i loro bombardamenti sulle città italiane e sui diversi obiettivi nella penisola. Tra le persone, tuttavia, esisteva la convinzione che Roma fosse completamente immune a questa campagna di bombardamenti. Roma, infatti, per quanto fosse la capitale di un paese dell'Asse, era, come è tuttora, anche la capitale del Cattolicesimo nonché sede dello Stato della Città del Vaticano, neutrale nel corso del conflitto mondiale, e, quindi, residenza del Papa.
Tutte ragioni che rendevano piuttosto evitabile da parte degli Alleati un bombardamento su Roma.
Ma al tempo stesso, come detto, Roma era pur sempre la capitale di un paese dell'Asse, e come tale ospitava numerosi obiettivi militari.
Il fumo delle prime bombe visto dal Vittoriano |
Lunedì 19 Luglio, alle ore 11:02, l'allarme antiaereo suonava a Roma. 662 bombardieri composti dalle cosiddette "Fortezze volanti" B-17 - guidate dal velivolo Lucky Lady - e dai bombardieri B-24 Liberator, scortati da 268 caccia volarono su Roma a partire dalla mattina. L'obiettivo era lo Scalo Merci di San Lorenzo, insieme agli altri scali ferroviari dello snodo sud-orientale di Roma.
L'area presa di mira, tuttavia, si trova esattamente a ridosso di numerosi quartieri, tra cui il popoloso San Lorenzo, quartiere popolare densamente abitato, parte del Quartiere Tiburtino.
Le prime bombe furono sganciate con precisione sullo Scalo ferroviario, tuttavia con il progressivo sviluppo delle dense nuvole di fumo il bombardamento divenne meno preciso e molte bombe caddero nelle zone limitrofe.
Il palazzo distrutto di Piazzale Tiburtino |
Il Quartiere San Lorenzo venne duramente colpito da numerose delle circa 4.000 bombe sganciate nell'incursione, dal peso di circa 1.060 tonnellate, causando numerosi danni agli edifici, alla Basilica di San Lorenzo, al Cimitero del Verano e all'Università La Sapienza, uccidendo circa 3mila persone e ferendone circa 11mila. Furono colpiti anche il Pigneto e alcuni edifici all' inizio di Via Casilina.
Effetti delle bombe in Viale Regina Elena |
Alcuni tram in Viale Regina Elena vennero colpiti causando la morte dei passeggeri.
Circa 10mila abitazioni rimasero distrutte o inagibili in seguito al raid, lasciando circa 40mila persone senza tetto.
Palazzo colpito in Piazza dei Sanniti |
Tra i danni morirono anche diverse persone accorse sul luogo per soccorrere le vittime: 24 vigili del fuoco persero la vita e oltre a loro anche il generale dei Carabinieri, Azolino Hazon, e il Capo di Stato Maggiore Colonnello Ulderico Barengo, rimasero uccisi el bombardamento. I due sono ricordati in una targa.
Gli effetti del bombardamento del 19 luglio in un documento dell'USAF del 26 luglio 1943 |
Al momento del bombardamento, Papa Pio XII Pacelli (1939-1958) si trovava in Vaticano, il Re Vittorio Emanuele III nella sua residenza romana di Villa Savoia - oggi nota come Villa Ada - e Benito Mussolini era a Feltre, per incontrare Adolf Hitler.
La foto di Papa Pio XII a San Giovanni dopo il bombardamento del 13 Agosto 1943, ritenuta per decenni scattata a San Lorenzo |
Appena terminato il bombardamento, poco dopo le 17 Pio XII volle recarsi nel quartiere appena colpito dal bombardamento. Accompagnato solo da Monsignor Giovanni Battista Montini (il futuro Papa Beato Paolo VI) e dall'autista, privo di scorta, il Papa raggiunse in breve tempo Piazzale del Verano a bordo della Mercedes che usava per gli spostamenti. Appena sceso venne circondato da una folla immensa che gridava "Santità! Pace!" e "Lunga vita al Papa!". Immediatamente, spalancò le braccia, in un'immagine che ancora oggi rappresenta uno dei simboli di quella giornata.
Circondato per ragioni di sicurezza da un cordone di polizia improvvisato dalle forze dell'ordine presenti, il Papa raggiunse la Basilica di San Lorenzo e recitò un De profundis per i morti del bombardamento.
Circondato per ragioni di sicurezza da un cordone di polizia improvvisato dalle forze dell'ordine presenti, il Papa raggiunse la Basilica di San Lorenzo e recitò un De profundis per i morti del bombardamento.
Una delle rare foto di Papa Pio XII a San Lorenzo dopo il bombardamento sulla copertina del settimanale Francese La Semaine |
Nel frattempo, Monsignor Montini passò tra i superstiti, distribuendo loro soldi per aiutarli.
Per via di questa storica visita, dopo la morte di Pio XII lo si volle ricordare con una statua proprio in Piazzale del Verano.
Riguardo questa visita, per molti decenni essa è stata documentata da una serie di foto che, nel 2001, con un'inchiesta del quotidiano Metro, si sono rivelate relative alla benedizione di Pio XII di fronte alla Basilica di San Giovanni in Laterano in seguito al bombardamento del 13 Agosto 1943, avvenuto in quella zona. Nel 2017 Carlo Galeazzi, collezionista e gestore del gruppo Facebook "Roma Città Aperta" ha rinvenuto le foto relative all'arrivo del Papa a San Lorenzo sul settimanale francese La Semaine. Tali foto risulterebbero scattate dalla testata britannica Chronicle - questa la fonte indicata sul sito Alamy, dove la foto era in vendita - e pubblicate in un ampio reportage dal settimanale francese. Probabilmente l'uscita del Papa a sorpresa dal Vaticano - prima del Pontificato di San Giovanni XXIII non erano particolarmente frequenti le uscite del Papa e la macchina della sicurezza e del cerimoniale richiedeva spesso tempo - aveva preso tutti in contropiede, a partire dai fotoreporter che non sono stati in grado di organizzarsi per tempo. Si può infatti notare dalle foto, ad esempio, come il Papa arrivi a San Lorenzo privo di scorta: in quel momento l'importanza era mostrarsi come punto di riferimento dei cittadini di quel quartiere popolare che si sentiva abbandonato da Mussolini e dal Re.
Per via di questa storica visita, dopo la morte di Pio XII lo si volle ricordare con una statua proprio in Piazzale del Verano.
Riguardo questa visita, per molti decenni essa è stata documentata da una serie di foto che, nel 2001, con un'inchiesta del quotidiano Metro, si sono rivelate relative alla benedizione di Pio XII di fronte alla Basilica di San Giovanni in Laterano in seguito al bombardamento del 13 Agosto 1943, avvenuto in quella zona. Nel 2017 Carlo Galeazzi, collezionista e gestore del gruppo Facebook "Roma Città Aperta" ha rinvenuto le foto relative all'arrivo del Papa a San Lorenzo sul settimanale francese La Semaine. Tali foto risulterebbero scattate dalla testata britannica Chronicle - questa la fonte indicata sul sito Alamy, dove la foto era in vendita - e pubblicate in un ampio reportage dal settimanale francese. Probabilmente l'uscita del Papa a sorpresa dal Vaticano - prima del Pontificato di San Giovanni XXIII non erano particolarmente frequenti le uscite del Papa e la macchina della sicurezza e del cerimoniale richiedeva spesso tempo - aveva preso tutti in contropiede, a partire dai fotoreporter che non sono stati in grado di organizzarsi per tempo. Si può infatti notare dalle foto, ad esempio, come il Papa arrivi a San Lorenzo privo di scorta: in quel momento l'importanza era mostrarsi come punto di riferimento dei cittadini di quel quartiere popolare che si sentiva abbandonato da Mussolini e dal Re.
Papa Pio XII distribuisce soldi tra i cittadini, altra foto relativa al bombardamento di San Giovanni ma ritenuta per decenni scattata a San Lorenzo |
Anche il Re quel pomeriggio volle raggiungere il quartiere bombardato, ma la reazione fu ben diversa. I cittadini di San Lorenzo lanciarono sassi contro l'auto del Re, e quando il generale Paolo Puntoni venne inviato da Vittorio Emanuele III a distribuire soldi tra i cittadini, questi lo respinsero dicendo "Non vogliamo la vostra carità! Vogliamo la pace!".
Case colpite in Viale dello Scalo di San Lorenzo |
Benito Mussolini, tornato da Feltre, si recò a San Lorenzo il 22 Luglio in incognito per vedere in prima persona i danni del quartiere.
La Basilica di San Lorenzo fuori le Mura |
I danni erano stati notevoli: 10mila abitazioni distrutte o inagibili, la Basilica di San Lorenzo seriamente danneggiata, gravi danni al Cimitero del Verano, in cui tra l'altro venne distrutta la tomba della famiglia di Pio XII, la casa dei bambini di Via dei Marsi, fondata da Maria Montessori, fu centrata in pieno così come furono danneggiati numerosi edifici della Città Universitaria, l'Orfanatrofio di Via dei Sabelli venne sventrato e restarono uccisi 78 bambini e sei suore.
La facoltà di Chimica bombardata |
La Fontana Tiburtina di Pietro Lombardi, invece, fu distrutta e non verrà mai ricostruita.
Nei giorni successivi al bombardamento, i militanti fascisti scrissero su diversi ruderi di edifici "opera dei liberatori".
Nei giorni successivi al bombardamento, i militanti fascisti scrissero su diversi ruderi di edifici "opera dei liberatori".
Palazzo bombardato in Via Tiburtina angolo Via dei Reti |
Alcuni giorni dopo, in un edificio lungo la Via Casilina, qualche ignoto scrisse invece "Meio l'americani sulla capoccia che Mussolini tra li cojoni".
Il bombardamento di Roma fu probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso nei rapporti tra il Re e Mussolini. Fu proprio questo che portò Vittorio Emanuele III a mettere in atto la manovra che portò, il 25 Luglio, Benito Mussolini a essere sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo e sostituito con Pietro Badoglio, il quale condusse le trattative per far firmare all'Italia un armistizio con gli Alleati e dichiarare guerra alla Germania.
Il bombardamento del 19 Luglio del 1943 fu il primo e il più tragico che abbia avuto luogo a Roma, città tra le meno colpite d'Italia per la sua particolare situazione di cui abbiamo scritto sopra. Tuttavia, non si trattò dell'unica incursione aerea su Roma della Seconda Guerra Mondiale: ne seguirono infatti 51 fino alla Liberazione della Capitale, avvenuta il 4 Giugno del 1944.
Il bombardamento di San Loreno è ricordato da diverse targhe all'interno del Quartiere Tiburtino: nel parco su Via Tiburtina, dedicato ai caduti del bombardamento, sono ricordati i nomi di tutti i morti conosciuti, mentre in Via dei Latini è presente una targa in memoria dell'incursione aerea.
Inoltre, il bombardamento è ricordato nella canzone di Francesco De Gregori San Lorenzo, in cui un passo dice "Cadevano le bombe come neve il 19 Luglio a San Lorenzo".
Il bombardamento di Roma fu probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso nei rapporti tra il Re e Mussolini. Fu proprio questo che portò Vittorio Emanuele III a mettere in atto la manovra che portò, il 25 Luglio, Benito Mussolini a essere sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo e sostituito con Pietro Badoglio, il quale condusse le trattative per far firmare all'Italia un armistizio con gli Alleati e dichiarare guerra alla Germania.
Il palazzo distrutto di Piazzale Tiburtino visto da Via Tiburtina, verso Termini |
Il bombardamento del 19 Luglio del 1943 fu il primo e il più tragico che abbia avuto luogo a Roma, città tra le meno colpite d'Italia per la sua particolare situazione di cui abbiamo scritto sopra. Tuttavia, non si trattò dell'unica incursione aerea su Roma della Seconda Guerra Mondiale: ne seguirono infatti 51 fino alla Liberazione della Capitale, avvenuta il 4 Giugno del 1944.
Il bombardamento di San Loreno è ricordato da diverse targhe all'interno del Quartiere Tiburtino: nel parco su Via Tiburtina, dedicato ai caduti del bombardamento, sono ricordati i nomi di tutti i morti conosciuti, mentre in Via dei Latini è presente una targa in memoria dell'incursione aerea.
Inoltre, il bombardamento è ricordato nella canzone di Francesco De Gregori San Lorenzo, in cui un passo dice "Cadevano le bombe come neve il 19 Luglio a San Lorenzo".
Ponte Rotto
Ponte Rotto in un quadro di Van Wittel del 1690 |
Con il nome di0 Ponte Rotto è noto l'antico Ponte Emilio, o Pons Aemilius in Latino, un ponte oggi ridotto a rudere sul Tevere, all'altezza dei Rioni Ripa e Trastevere.
Stando alle testimonianze di autori quali Plutarco e Tito Livio, il ponte risale al 241 a.C., quando venne costruito per volontà di Manlio Emilio Lepido, per raggiungere dalla riva sinistra del Tevere la Via Aurelia, da poco tracciata.
Nel 179 a.C. il ponte venne ricostruito per la prima volta in muratura, con il tufo delle cave di Monteverde, dai censori Marco Emilio Lepido e Marco Fulvio Nobiliore, cui talvolta viene erroneamente attribuito, forse dopo i danni subiti dalla piena del 193 A.C..
Originariamente il ponte presentava una passerella in legno, ma nel 142 a.C. fu rinnovato con la costruzione di sei arcate in muratura su iniziativa dei censori Publio Cornelio Scipione Emiliano e Lucio Mummio. Un ulteriore restauro avvenne invece sotto l'imperatore Augusto nel 12 a.C., in quest'occasione fu rinominato Pons Maximus in onore del Pontefice Massimo.
Ricostruzione di ponte Emilio all'epoca di Probo effettuata da Hermann Bender |
Nel Medioevo il ponte cambiò numerose volte denominazione: da Ponte di Lepido, per via del suo costruttore, da cui per corruzione "Ponte Lapideo", fino a "Ponte Janiculense", Ponte Senatorio o "dei Senatori", Ponte Maggiore e Ponte Santa Maria, nome questo con cui fu più diffuso.
Essendo posizionato in prossimità di un'ansa, e subito dopo l'isola Tiberina, le correnti in quel punto sono sempre state fortissime, soprattutto durante le piene, è chiaro che i danni alla struttura furono spesso intensi ed erano necessari continui restauri.
Sempre nel Medioevo, però, iniziò a subire alcuni danni nel corso delle piene del Tevere, la prima volta nel febbraio 1230, costringendo il Pontefice Gregorio IX ad eseguire alcuni restauri, e un'ulteriore volta il 30 novembre del 1422, quando il Papa Martino V consolidò profondamente i basamenti dei piloni e le arcate. Ulteriori restauri furono effettuati da Niccolò V per il Giubileo del 1450.
I danni continui e le devastanti piene del 1476 e del 1495 portarono il Papa Paolo III ad affidarne il consolidamento a Michelangelo, che condusse i lavori lentamente. Successivamente Giulio III Ciocchi Del Monte (1550-1555) incaricò l'architetto Nanni di Baccio Bigio nel 1552 di ricostruire interamente un pilone crollato, posto verso Trastevere, e le due arcate da questo sostenute. L'architetto aveva proposto tempi più rapidi di realizzazione ed aveva così convinto il Papa. Tuttavia, il pilone era stato costruito in maniera troppo sbrigatìva e fu così che nel 1557, una nuova alluvione distrusse un'altra volta il nuovo pilone appena ricostruito.
Il famoso disegno di Antonio Dosio raffigurante il pilone e gli archi crollati nel 1557, e, superiormente, il ponte dopo il restauro del 1575 |
Una nuova ristrutturazione delle due arcate crollate fu promossa nel 1573 da Papa Gregorio XIII Boncompagni (1572 - 1585), realizzata da Matteo di Castello ed ultimata nel 1575. Il pilone ricostruito fu rinforzato con robusti frangiflutti a gradoni, ancora oggi esistenti, sovrastati da un contrafforte rotondo modanato.
Rilievo del pilone ricostruito sotto Gregorio XIII |
Sezione dell'arcata ricostruita sotto Gregorio XIII |
In occasione dell'ultimo restauro furono posizionate due iscrizioni l'una di fronte all'altra sulle spallette interne con il seguente testo: EX AVCTORITATE GREGORII XIII PONT. MAX. S.P.Q.R. PONTEM SENATORIVM CIVIS FORNICES VETVSTATE COLLAPSOS ET IAMPRIDEM REFECTOS FLVMINIS IMPETVS DENVO DEIECERAT IN PRISTINAM FIRMITATEM AC PVLCHRITVDINEM RESTITVIT ANNO IVBILAEI MDLXXV.
La traduzione è questa: Per volontà di Papa Gregorio XIII il Comune di Roma nell'anno giubilare 1575 restituì alla primitiva robustezza e bellezza il Ponte Senatorio, i cui fornici, caduti per l'antichità e già precedentemente restaurati, l'impeto del fiume aveva nuovamente abbattuto.
Incisione raffigurante Ponte Rotto di Gian Battista Piranesi da una veduta di metà seicento di Israel Silvestre |
Tuttavia, la grande alluvione del 24 dicembre 1598 ne distrusse completamente tre arcate sul versante verso Ripa, determinando il definitivo abbandono del ponte e la nascita dell'appellativo di Ponte Rotto con cui da quel momento è chiamato.
Veduta di Camille Corot del 1827 |
Le arcate abbattute dai flutti non vennero mai ricostruite e, negli anni furono, a volte, rimpiazzate con costruzioni provvisorie e passerelle, in seguito il ponte fu trasformato in giardino pensile.
Ponte Rotto in una splendida foto del 1842 |
Il ponte, così romanticamente rovinato, divenne il soggetto preferito dei pittori stranieri in viaggio a Roma che lo hanno immortalato in una miriade di disegni, acquerelli e dipinti.
Disegno di Jan Asseliin del 1640 circa |
Nel 1853, sotto Pio IX, si decise di rimettere in funzione il ponte, e furono realizzata, da una ditta francese, una passerella metallica sospesa, simile a quella del Ponte dei Fiorentini, molto interessante dal punto di vista architettonico, dall'ingegnere Pietro Lanciani, che sfruttavano i vecchi resti del ponte sulla riva Ripense e si appoggiavano per entrambi i lati su piloni metallici.
Ponte Rotto rimesso in funzione da Pio IX con la passerella sospesa nel 1870 |
Nel 1884, durante i lavori di costruzione dei muraglioni del Tevere, il ponte rimase privo di un'arcata sulla sponda Trasteverina, che venne arretrata. Piuttosto che creare una nuova campata metallica, anche su questa sponda, fu deciso dal Governo di costruire un nuovo ponte, Ponte Palatino.
Fu così che nel 1885 vennero demolite le due arcate della sponda Trasteverina, mentre nel 1889 fu smontata la passerella metallica, riducendo il vecchio ponte a un affascinante rudere in mezzo al Tevere.
L'arcata superstite è quella restaurata nel 1575, il pilone verso Trastevere è quello ricostruito da Matteo di Castello, mentre quello verso la riva sinistra è di età Repubblicana. Nelle lunette poste sopra l'arcata ancora oggi si trovano bassorilievi di travertino raffiguranti draghi Boncompagni. Negli archetti del pilone di Trastevere rimangono gli stemmi papali di Gregorio XIII, che erano presenti in tutti i piloni del ponte.
I blocchi di tufo del pilone di Ripa superstiti sono di età romana, mentre l'arcata spezzata verso lo stesso versante è ancora quella crollata nel 1598.
Il ponte, infatti, fu sostituito dal nuovo Ponte Palatino, la cui costruzione iniziò nel 1886 e terminò nel 1891 ad opera di Angelo Vescovali.
L'arcata superstite è quella restaurata nel 1575, il pilone verso Trastevere è quello ricostruito da Matteo di Castello, mentre quello verso la riva sinistra è di età Repubblicana. Nelle lunette poste sopra l'arcata ancora oggi si trovano bassorilievi di travertino raffiguranti draghi Boncompagni. Negli archetti del pilone di Trastevere rimangono gli stemmi papali di Gregorio XIII, che erano presenti in tutti i piloni del ponte.
I blocchi di tufo del pilone di Ripa superstiti sono di età romana, mentre l'arcata spezzata verso lo stesso versante è ancora quella crollata nel 1598.
Il pilone di Trastevere è quello restaurato da Matteo di Castello con gradinate frangiflutti |
Il ponte, infatti, fu sostituito dal nuovo Ponte Palatino, la cui costruzione iniziò nel 1886 e terminò nel 1891 ad opera di Angelo Vescovali.
L'arcata spezzata verso Ripa ha lo stesso aspetto di quando è crollata il 24 dicembre 1598 |
Stazione di posta di Via del Verano
La stazione di posta in questione si trova in Via del Verano, nella parte del Quartiere Tiburtino nota come San Lorenzo. Risale al 1886, quando venne realizzata per permettere la sosta ai pellegrini e viandanti lungo la Via Tiburtina.
La stazione a subito un restauro nel 2002, come ricorda una targa. Oggi ospita il locale ZeroZero100.