Museo Criminologico - Mu.Cri


Il Museo Criminologico (noto anche come Mu.Cri) si trova in Via del Gonfalone, nel Rione Ponte, all'interno del Palazzo del Gonfalone, l'edificio voluto da Papa Leone XII Della Genga (1823-1829) nel 1827 per ospitare il carcere minorile.
Il museo venne istituito nel 1931 per volontà del Ministro di Grazia e Giustizia Alfredo Rocco, con l'obiettivo di raccogliere gli oggetti e gli strumenti legati al mondo criminale. Quella del guardasigilli era un'idea che affondava le proprie radici nel XIX Secolo, quando la nascita dell'amministrazione penitenziaria aveva fatto pensare che uno studio più approfondito del sistema penale e della criminalità potesse essere un utile supporto.
Non è un caso che già nel 1878 l'antropologo criminale Cesare Lombroso avesse istituito a Torino un museo privato di oggetti rinvenuti visitando le carceri.
La prima sede del museo fu l'edificio delle Carceri Nuove di Via Giulia, in cui fu locato fino al 1968, quando venne smantellato per essere riaperto nel 1975 nella sede attuale.
Tuttavia, lo scarso numero di visitatori portò il museo ad essere aperto solo occasionalmente, fino ad essere chiuso a fine anni Settanta per una riorganizzazione che ne ha portato la riapertura solamente nel 1994.
Il percorso museale è diviso in quattro sezioni.
La prima sezione è dedicata alla giustizia precedente al XIX Secolo, caratterizzata dalla pena di morte e dall'uso della tortura. Sono qui conservati diversi strumenti di morte e di tortura, sia originali risalenti a secoli fa, sia riproduzioni contemporanee.

La riproduzione di una sedia chiodata
Tra questi, la riproduzione di una sedia chiodata, strumento di tortura usato soprattutto in Germania, a Monaco e Ratisbona, che consiste in una sedia con aculei, che talvolta venivano resi incandescenti attraverso un fuoco acceso sotto di essa.
Altra riproduzione presente è quella della Vergine di Norimberga, lo strumento di morte che consiste in un armadio metallico con sembianze femminili le cui ante sono rivestite di aguzzi aculei.

La riproduzione di una Vergine di Norimberga
Un macabro e misterioso reperto conservato al museo è poi lo scheletro di Poggio Catino, uno scheletro femminile rinvenuto negli anni '30 presso la località in Provincia di Rieti con ceppi metallici ai polsi ed alle caviglie, di cui si ignora l'identità e la colpa che la portò alla reclusione.
Sono inoltre presenti gogne, ceppi della pubblica gogna, banchi di fustigazione e fruste di diversa tipologia.

Una spada come quella che ha decapitato Beatrice Cenci nel 1599
Una parte della sezione è poi dedicata anche alla vicenda di Beatrice Cenci (ricordata anche da una targa nel Rione Regola), la nobile Romana accusata di aver organizzato insieme ai fratelli l'omicidio del padre che le faceva violenza. Oltre ad una ricostruzione della vicenda di Beatrice attraverso alcune immagini, è presente una spada risalente alla seconda metà del XVI Secolo, ritenuta compatibile - se non addirittura l'originale - con quella che decapitò Beatrice Cenci.

Ceppi della pubblica gogna
Un'altra stanza è dedicata ai bagni penali, i luoghi dello Stato Pontificio prima e del Regno d'Italia poi cui venivano inviati i condannati ai lavori forzati, in cui sono presenti numerose catene. Qui è raccontata la storia di questo tipo di istituti, ed è spiegata la differenza tra le diverse catene riservati ai differenti tipi di condannati, che variano da quelle pesanti 1,3 Kg a quelle per i più pericolosi o riottosi pesanti addirittura 6 Kg. I bagni penali sono stati definitivamente soppressi nel 1901. Una descrizione, seppur fantastica ma basata in parte sulla realtà di questo istituto, è presente nel libro Il giardino dei supplizi, dello scrittore francese Octave Mirbeau (di cui vi segnaliamo questa recensione).
Alcune catene provenienti dai bagni penali
Altra stanza è quella dedicata ai boia ed alla pena capitale soprattutto nello Stato Pontificio, in cui sono conservate le divise dei boia, le immagini sacre che venivano usate per confortare i condannati a morte e diverse ghigliottine. Qui è inoltre conservata la gabbia di Milazzo, una gabbia rinvenuta nella città siciliana con all'interno uno scheletro umano.

La gabbia di Milazzo
La seconda sezione è dedicata all'antropologia criminale. Molto spazio qui è dato alla fisiognomica ed alle teorie dello psicologo criminale Cesare Lombroso.
Sono inoltre conservati oggetti personali di Gaetano Bresci, l'anarchico che nel 1900 uccise il Re Umberto I, ed anche una rivoltella come quella che uccise il sovrano.
Altri temi trattati sono poi la lotta al brigantaggio ed i duelli, soprattutto quello in cui perse la vita il politico Felice Cavallotti.

Oggetti personali dell'anarchico Gaetano Bresci
Una stanza è dedicata poi al sistema dei manicomi, abolito con la legge Basaglia.
Nella terza sezione sono presenti testimonianze della vita carceraria e delle cosiddette "malizie carcerarie", con cui sono definiti i sotterfugi usati dai carcerati per nascondere oggetti proibiti o fuggire.
Ci sono poi stanze dedicate ai falsi d'arte e alla ricettazione.
Una stanza, invece, conserva testimonianze di alcuni dei principali fatti di cronaca nera della storia d'Italia.
Il Museo è gestito dal Ministero della Giustizia, ed è aperto dal martedì al sabato dalle ore 9 alle 13. Il martedì ed il giovedì osserva anche l'apertura pomeridiana tra le 14:30 e le 18:30. Il costo dei biglietti è di 2 Euro. Per qualsiasi altra informazione, invitiamo a visitare il sito del Museo.

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