L'origine della strada risale a dopo l'annessione di Roma al Regno d'Italia del 1870. Il primo passo verso la realizzazione di questa importante arteria, in realtà, risale allo Stato Pontificio, quando il Papa Beato Pio IX Mastai Ferretti iniziò la costruzione, negli anni Sessanta del XIX Secolo, della Strada Pia Nuova, divenuta nel 1871 Via Nazionale, che arrivò a collegare l'esedra delle Terme di Diocleziano, dove oggi si trova Piazza della Repubblica, a Piazza Venezia.
Il tracciato di Corso Vittorio Emanuele II è tra sventramenti previsti nel piano regolatore di Roma del 1883 |
Corso Vittorio Emanuele II da piazza del Gesù alla Cancelleria, con il profilo degli edifici demoliti. 1) Palazzo Venezia, 2) Palazzo Doria, 3) Palazzo Grazioli, 4) Palazzo Altieri, 5) Palazzo Cenci Bolognetti, 6) Palazzo Strozzi, 7) PalazzoVidoni, 8) Palazzo Della Valle, 9) Palazzo Massimo, 10) Palazzo Braschi, 11) Farnesina ai Baullari, 12) Palazzo della Cancelleria (da M. PIACENTINI) |
Nel 1880 il Consiglio Comunale approvò così la realizzazione del primo tratto, che proseguiva oltre Piazza del Gesù, sul vecchio tracciato di Via dei Cesarini, si allargava in prossimità dell'incrocio con Via di Torre Argentina (portando alla formazione di Largo di Torre Argentina) e da lì, lungo Via della Valle, raggiungeva Piazza Sant'Andrea della Valle e quindi Piazza San Pantaleo, che veniva allargata, sostituendosi a Via delle Colonne di Massimo, seguendo la curva del Palazzo Massimo alle Colonne, l'appalto risale al 1883.
Nell'ambito di questo primo tratto di strada, il Comune ritenne urgenti le realizzazioni anche dell'allargamento di Via della Cuccagna per poter raggiungere dalla nuova arteria Piazza Navona e di una diramazione verso Ponte Sisto, nessuna delle due realizzate, fortunatamente.
Successivamente, a partire dal 1884, si portò avanti il tragitto, passando di fianco al Palazzo della Cancelleria, quindi alla Chiesa Nuova e da lì raccordarsi, presso l'incrocio tra Via dei Banchi Vecchi e Via del Banco di Santo Spirito, alle strade già esistenti. In un primo momento si pensò di far fermare là la strada e raccordarla al Tevere mediante un ampliamento di Via del Banco di Santo Spirito.
Successivamente, a partire dal 1884, si portò avanti il tragitto, passando di fianco al Palazzo della Cancelleria, quindi alla Chiesa Nuova e da lì raccordarsi, presso l'incrocio tra Via dei Banchi Vecchi e Via del Banco di Santo Spirito, alle strade già esistenti. In un primo momento si pensò di far fermare là la strada e raccordarla al Tevere mediante un ampliamento di Via del Banco di Santo Spirito.
Nell'idea di chi progettò il prolungamento della Via Nazionale, il grande sventramento avrebbe dato maggiore rilievo a numerosi monumenti che si trovano lungo l'arteria, come il Palazzo della Cancelleria e la Chiesa Nuova, e portò al restauro di numerosi palazzi ivi presenti, smussati per la realizzazione della strada, come il Palazzo della Farnesina ai Baullari ed il Palazzo Caffarelli Vidoni.
Nel 1883 intanto vennero iniziati i lavori per la costruzione dei nuovi palazzi sulla nuova arteria: il nuovo Palazzo Vidoni fu progettato da Salvatore Bianchi, mentre Francesco Azzurri progettò il Palazzo Lavaggi, poi Pacelli. Tuttavia i due progetti vennero respinti ed affidati a Francesco Settimj, dal momento che le due soluzioni del Bianchi e dell'Azzurri non si uniformavano al tessuto preesistente. Il Palazzo Lavaggi fu invece poi costruito da Gaetano Koch in uno stile che richiama quello del Cinquecento.
Passò così la linea che i nuovi edifici sulla prosecuzione di Via Nazionale dovevano essere conformi a quelli preesistenti, senza soluzioni che andassero a rompere troppo con lo stile già edificato.
Nel caso di Palazzo Strozzi, poi Besso, si decise semplicemente di allineare la nuova facciata al nuovo assetto della strada, mentre diversi edifici nell'isolato tra Piazza del Gesù, Via dei Cesarini e Via Botteghe Oscure videro un rifacimento in stile neorinascimentale, come avvenne per Palazzo Berardi.
Il tratto di strada successivo vide invece interventi maggiormente invasivi e radicali.
Oltre al restauro in stile del Palazzo della Farnesina ai Baullari, isolato dagli edifici che lo circondavano, si provvide anche con il rifacimento di Palazzo Sora, la cui facciata, tuttavia, venne ruotata dalla Piazza Sora (in demolizione) alla nuova strada, cui intanto fu attribuito il nome di Corso Vittorio Emanuele, in onore del primo Re d'Italia.
Vennero poi costruiti ex novo numerosi palazzi, come Palazzo Bassi di Giulio Podesti, Palazzo Tanlongo, Palazzo Borruso e Palazzo Villa e Boggio di Pompeo Passerini.
Il Palazzo Sforza Cesarini, invece, cui venne demolito il giardino, vide una facciata costruita ex novo da Pio Piacentini sulla nuova strada.
Il corso arriva dunque ad uno slargo dove oggi si trova Largo Ottavio Tassoni: questo largo è la sostanziale dimostrazione di come su questi ultimi metri di strada il progetto fosse rimasto fino all'ultimo ricco di incertezze.
Questo tratto, alla fine, fu realizzato da Gaetano Koch, portò alla demolizione di Via di Sant'Orsola, Via del Granchio e Via dell'Albergo di Civitavecchia ed al ridimensionamento di Via dell'Arco della Fontanella. Il progetto per i nuovi prospetti, che andavano a sostituire alcune casette molto umili, fu unitario e portò alla realizzazione di Palazzo Amici, e anche del nuovo Museo Barracco, in forme neoclassiche, successivamente demolito e trasferito presso la Farnesina ai Baullari.
La saldatura con il Lungotevere fu portata avanti tra il 1902 e i 1906, mentre nel 1911 fu inaugurato il ponte Vittorio Emanuele II, solamente negli anni Venti vennero completati i due edifici simmetrici che delimitano Piazza Pasquale Paoli.
Nel 1940, la realizzazione del Ponte Duca d'Aosta e l'inizio dei lavori della galleria che collegava il nuovo ponte al Quartiere Aurelio, portò alla necessità di raccordare la nuova asse stradale a Corso Vittorio. Fu realizzato quindi lo sventramento di Via Acciaioli, allargata rispetto al suo aspetto precedente, che portò alla demolizione del Museo Barracco di Gaetano Koch e portò alla costituzione di un vasto slargo, oggi sede di un capolinea degli autobus.
Nel 1943, con l'occupazione tedesca, Roma divenne parte della Repubblica Sociale Italiana. Per questa ragione la toponomastica subì numerosi mutamenti provvisori volti a cancellare la dinastia dei Savoia dai nomi delle strade. Corso Vittorio Emanuele divenne così Corso della Costituente. Tuttavia, nel 1944 una delibera prese atto probabilmente che il nome della strada era ormai di uso comune tra i Romani, e fu così mutata in Corso Vittorio Emanuele II, aggiungendo la numerazione in modo da chiarire che non si trattava di Vittorio Emanuele III, Re d'Italia dell'epoca. Viale della Costituente fu invece il nome assegnato a Viale Principe di Piemonte, oggi Via Giovanni Giolitti.
Negli anni Novanta si iniziò a progettare il passaggio di un tram lungo Corso Vittorio, ma allo stato attuale non è mai stato realizzato. Per il futuro si prevede il passaggio sotto la strada della linea C della Metropolitana, ma il progetto sembra ancora lontano dalla realizzazione e non è ancora chiaro se dovrà essere realizzata una stazione presso Piazza della Chiesa Nuova o meno.
Il corso arriva dunque ad uno slargo dove oggi si trova Largo Ottavio Tassoni: questo largo è la sostanziale dimostrazione di come su questi ultimi metri di strada il progetto fosse rimasto fino all'ultimo ricco di incertezze.
Questo tratto, alla fine, fu realizzato da Gaetano Koch, portò alla demolizione di Via di Sant'Orsola, Via del Granchio e Via dell'Albergo di Civitavecchia ed al ridimensionamento di Via dell'Arco della Fontanella. Il progetto per i nuovi prospetti, che andavano a sostituire alcune casette molto umili, fu unitario e portò alla realizzazione di Palazzo Amici, e anche del nuovo Museo Barracco, in forme neoclassiche, successivamente demolito e trasferito presso la Farnesina ai Baullari.
La saldatura con il Lungotevere fu portata avanti tra il 1902 e i 1906, mentre nel 1911 fu inaugurato il ponte Vittorio Emanuele II, solamente negli anni Venti vennero completati i due edifici simmetrici che delimitano Piazza Pasquale Paoli.
Nel 1940, la realizzazione del Ponte Duca d'Aosta e l'inizio dei lavori della galleria che collegava il nuovo ponte al Quartiere Aurelio, portò alla necessità di raccordare la nuova asse stradale a Corso Vittorio. Fu realizzato quindi lo sventramento di Via Acciaioli, allargata rispetto al suo aspetto precedente, che portò alla demolizione del Museo Barracco di Gaetano Koch e portò alla costituzione di un vasto slargo, oggi sede di un capolinea degli autobus.
Nel 1943, con l'occupazione tedesca, Roma divenne parte della Repubblica Sociale Italiana. Per questa ragione la toponomastica subì numerosi mutamenti provvisori volti a cancellare la dinastia dei Savoia dai nomi delle strade. Corso Vittorio Emanuele divenne così Corso della Costituente. Tuttavia, nel 1944 una delibera prese atto probabilmente che il nome della strada era ormai di uso comune tra i Romani, e fu così mutata in Corso Vittorio Emanuele II, aggiungendo la numerazione in modo da chiarire che non si trattava di Vittorio Emanuele III, Re d'Italia dell'epoca. Viale della Costituente fu invece il nome assegnato a Viale Principe di Piemonte, oggi Via Giovanni Giolitti.
Negli anni Novanta si iniziò a progettare il passaggio di un tram lungo Corso Vittorio, ma allo stato attuale non è mai stato realizzato. Per il futuro si prevede il passaggio sotto la strada della linea C della Metropolitana, ma il progetto sembra ancora lontano dalla realizzazione e non è ancora chiaro se dovrà essere realizzata una stazione presso Piazza della Chiesa Nuova o meno.
Lungo la strada sono presenti numerosi esercizi commerciali degni di nota. Tra le librerie, qui si trovavano le due sedi della Libreria Croce (ricordata da una targa) e la Libreria Ercoli.
Al civico 28, dove oggi sorge il Caffé Vittoriano, ebbe sede alla fine del XIX Secolo il caffé e gelateria Guardabassi.
Altro negozio che ebbe la sua importanza nella storia della strada fu l'Ottico Bolaffi, che alla fine del XIX Secolo ebbe sede al civico 96.
Nella strada hanno vissuto numerose personalità, tra cui Guido Baccelli (ricordato da una targa), Antonio Labriola (anche lui ricordato in una targa), Giorgio Pasquali (ricordato da una targa), così come Giuseppe Gioachino Belli abitò in un palazzo demolito per fare spazio alla strada (ed è ricordato da una targa anche lui). Non ricordati da una targa (e a tale riguardo facciamo appello al Comune di Roma in primis e alle altre autorità e gruppi che si interessano della materia a ovviare a tale mancanza, se possibile), qui vissero anche il compositore Gaetano Capocci e il figlio e anche lui compositore Filippo (al civico 72).
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